Serve una opposizione per la nuova epoca. O meglio, ne servono tre

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Ciò che sta accadendo nel mondo occidentale non è, probabilmente, paragonabile a un acquazzone estivo al quale seguirà presto il sereno. Sembra rappresentare l’inizio di una nuova epoca nella quale i valori fondativi della civiltà moderna e contemporanea verranno messi in discussione. Le analogie fra ciò che accade negli Stati Uniti e in Italia e in tanti altri paesi sono tali da far ritenere che razzismo, irrazionalismo, trionfo della prepotenza e apologia dell’ignoranza siano un tratto comune profondo, non accidentale, della società, della psicologia di massa.

Pensare che l’onda regressiva si possa esaurire da sola o arginare con piccole scogliere per poi ripristinare la linea del litorale, potrebbe essere un grave errore. Certo, non è utile né responsabile essere apocalittici, rischioso vezzo degli intellettuali. La storia ha i suoi percorsi ma non è dominata dal destino: il suo corso si può invertire e spesso sono minoranze, moralmente motivate e politicamente agguerrite, a essere protagoniste del cambiamento. Non arrendersi né scoraggiarsi, dunque, ma cercare di contribuire, come si può, alla costruzione di un’opposizione alla situazione attuale per prefigurare un nuovo corso.

Ora io credo che sarebbe un errore pensare, come molti pensano, a costruire un’opposizione fondata genericamente sulla contrapposizione al cosiddetto populismo. Diventerebbe una sorta di guerra di civiltà dall’esito incerto che lascerebbe molte macerie. Non bisogna cadere nella trappola delle dicotomie alto/basso, popolo/élite in sostituzione della classica distinzione destra/sinistra. Sarebbe la definitiva resa nei confronti della nuova epoca regressiva (non sembri un ossimoro) che si prefigura all’orizzonte. Sarebbe un cedere alla semplificazione e alla banalizzazione che è tipico di ogni epoca di decadenza. Per certi aspetti, e in virtù delle considerazioni precedenti, anche l’opposizione destra/sinistra può risultare troppo semplicistica. Ha ragione Peppino Caldarola, ad esempio, nell’avvertire che è necessario che nasca un’opposizione di destra moderata (i conservatori), alla destra reazionaria.

Bisogna cominciare a ragionare attorno alle diverse forme, culturali e politiche, da contrapporre alla deriva attuale. Senza pensare ad alleanze elettorali o politiche in senso stretto che risulterebbero, molto probabilmente, poco praticabili ma assumendo atteggiamenti di reciproco rispetto lasciandosi alle spalle settarismi e ideologismi eccessivi.

Vi è bisogno di un’opposizione sociale che si batta per i diritti dei lavoratori contro le diseguaglianze e lo sfruttamento, di un’opposizione liberale, che difenda le garanzie dei cittadini e ne promuova di nuove, di un’opposizione, che si potrebbe definire aristocratica, che si richiami a valori fondamentali, come il senso dell’onore e della magnanimità, messi in discussione da un’ideologia che esalta la meschinità e la prepotenza spacciate per diritti dei cittadini.

Ernesto Paolozzi

Insegna Storia della filosofia contemporanea. E' stato direttore scientifico della Fondazione "Luigi Einaudi" di Roma. Autore di numerosi volumi, ha collaborato e collabora con varie riviste e quotidiani, fra i quali la rivista "Complessità", di ispirazione moriniana, e "la Repubblica-Napoli". E' interprete del pensiero crociano e studioso del liberalismo. A Napoli è stato fra i fondatori dell'Ulivo e del Partito democratico.