Dopo queste belle elezioni in cui si conferma l’inarrestabile ascesa ideale della destra, cosa dire di uno dei più stretti collaboratori di Ratzinger che apre al dialogo con la Lega di Matteo Salvini? Cosa dire a un principe della Chiesa, maestro della dottrina, che in buona fede pensa che non tutto sia da buttare e ci sia del buono anche nel cuore di Salvini, Le Pen, Orban o chiunque altro? Chi sono io per giudicarlo? Non sarà forse più esperto lui? Non è forse la Chiesa maestra di umanità?
Io credo di si e di no.
In coscienza, da giovane nato a Torino nel 1986 da famiglia atea dagli anni ’50, non credo che queste forme di apertura pubblica della gerarchia ecclesiastica ad un supposto “dialogo” facciano bene, soprattutto perché ricordano il nero del legame fra brutalità umana e sua istituzionalizzazione, vuoi in camicia vuoi in talare nere.
Come trovare però una risposta che sia degna dell’aspirazione assoluta, illimitata, che alberga in ogni cuore umano? Si tratta forse di avere ragione o torto? Si tratta della mia opinione, dei miei gusti e sensibilità soggettive, assolute e mutualmente immodificabili, oppure mi vengono offerti dei canali con i quali anche io (che rispetto a Cristo non mi considero in nulla migliore di un musulmano, e dunque un suddito e non un figlio adottivo, secondo quanto riportato dallo stesso Muller) possa incontrare il Volto dell’Uomo Nuovo che, assunte spoglie invisibili, conduce l’umanità verso la costante riscoperta del realizzarsi delle promesse eterne che il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe fece al Suo Popolo, Israele, aprendo nel costato di Cristo la breccia nella quale la Chiesa riporta l’umanità intera nel corpo mistico del Messia e Sovrano Universale?
Pur avendo cercato lungamente, nelle molte interviste e uscite pubbliche del cardinale Muller io non posso dire di avvertire quel trasalimento che invece era percepibile nella vita umile e orante di Joseph Ratzinger. Questo è forse l’unico vero problema che mi pongono le esternazioni del cardinale Muller in dialogo con Salvini.
Non si tratta di cosa inaspettata, e fin che è in buona fede non ho dubbi io venga dopo entrambi per ordine di merito di fronte all’Altissimo. Fa però specie che dopo tutti gli anni spesi da Ratzinger per preparare gli antidoti ideali alla post-modernità ci sia un cardinale che dà precedenza a Salvini piuttosto che a denunciare che in Europa si piange più per le pietre di Notre Dame che brucia che non per le icone viventi di Dio che s’arrotano in pastura per pesci nel mediterraneo.
Se si è persa la fede non credo la si riscoprirà in modo autentico contentandosi di fare il Concordato con Ponzio Pilato.
Mi pare la storia della Chiesa insegni che per ogni tentativo di servizio a due padroni si sia finiti per dover chiederne scusa decenni dopo, con molto dolore, sofferenza, preghiera, scandalo fra i fedeli, confusione nel mondo e dolore del Cielo.
Sarebbe allora bello se Maria, donna ebrea, rispettosa delle leggi e dei precetti, origine del Cristo per i testimoni della Sua resurrezione, donna santa per i discepoli dell’Islam, potesse insegnare (a tutta Europa, compreso il cardinale Muller) a guardare il Volto di Colui che salva e riscatta dalle tenebre.
Salvini ha il rosario in mano, ma la Madonna dov’è? Non è forse con gli afflitti; non va forse una madre dal più bisognoso, dal più piccolo e indifeso?
Io non so pregare, non conosco i riti e le formule, le dottrine e le verità. So di essere piccolo, un po’ rotto e spesso inutile. Non me ne dispiaccio, anzi trovo liberante sapere che se qualcosa di buono mi riesce è solo perché ho permesso a una forza superiore di farmi strumento di bene.
Come pensa il cardinale Muller che le sue parole siano state uno strumento di bene per i giovani, i più indifesi di fronte a un mondo in cui le stelle non si vedono più, il vangelo della creazione si riduce a cemento e brandelli di cielo, una generazione cui i padri non hanno lasciato alcuna certezza polare (e la Chiesa lascia ancora occasione di scandalo con la monnezza che ne insozza la veste, le mani e il volto)? Per me non lo sono state.
Io ringrazio comunque, e tra lo yogurt un po’ acido (di una chiesa più suora che madre) e il pane (fragrante come la fede di Ratzinger) io scelto il pane. Questione di gusti? Dipende se l’Eucarestia, il senso di essere “compagni” (come riconoscentisi fatti della stessa pasta e dello stesso lievito, seppur conosciuto e compreso in modi diversi) è fatta da altri (e pane che scende dal cielo) o è roba nostra, che noi possiamo trasformare con lo yogurt, o fare la messa con i biscotti. Per me, da non credente, getterebbe meno scandalo se Muller celebrasse con lo yogurt anziché con il vino benedetto.
Gli offro queste suggestioni, che se magari in futuro dovesse scoprire che non ero l’unico a non aver ben compreso la pienezza di grazia con la quale si è voluto esprimere almeno potrà farne buon uso.