Sui risultati del voto, condivido appieno l’analisi pubblicata lo scorso 11 marzo dal Magazine e firmata “Giovanni Bellini pittore”. Eviterò quindi di ripetere la carrellata di riflessioni che offre, attingendo anche alle analisi fatte da D’Alema, Epifani, Fassina e altri, e riprenderò solo le conclusioni: “Non rompere le righe. Organizzarci come partito [si riferisce a LeU, non a Mdp], con mezzi e persone adeguate. Definire sedi formali per la determinazione della linea politica. Consolidare il consenso”.
Io credo che si debbano ringraziare coloro che hanno messo la loro riconoscibilità al servizio del progetto politico di LEU – Grasso, i coordinatori nazionali Civati, Fratoianni, Scotto e Speranza, Bersani, D’Alema, Epifani, i parlamentari della precedente legislatura, ma anche tante persone che a livello locale ci hanno messo la faccia. Senza di loro, non avremmo rappresentanza in Parlamento.
Il risultato delle elezioni però ci toglie ogni scusa, a noi, alla base. Basta giocare al processo del lunedì, basta commentare i titoli dei giornali e l’adeguatezza di questo o di quello e poi comunque ci accontentiamo di andare alle riunioni a fare numero, in cambio di 10 minuti di spazio (a volte – ahimè per gli altri – anche di più…) per “dire la nostra”, che tanto poi si perde nel vento perché comunque la linea si detta altrove.
Adesso è ora di fare diversamente, di dare un contributo vero a consolidare e possibilmente allargare il consenso, è ora di darsi meccanismi organizzativi che consentano tre cose:
1. Coinvolgere un numero maggiore di persone per meno tempo:
Senza finanziamento pubblico ai partiti, non possiamo più immaginare di avere del personale politico a tempo pieno, “di carriera”. Bisogna, quindi, trovare il modo di coinvolgere le persone in modo compatibile con la loro vita, con un lavoro, una famiglia, degli amici, specie se vogliamo parlare a lavoratrici e lavoratori, alle persone con carichi familiari, insomma: alle persone “normali”. Più persone per meno tempo significa anche darsi più opportunità di attingere a saperi e competenze che sono necessari per governare, cioè per tradurre i nostri principi in misure, soluzioni ai problemi, a livello di quartiere, di città, di Regioni, fino al governo nazionale. Se concordiamo su questo primo punto, diventa ovvio il secondo:
2. Creare meccanismi di “affidamento di responsabilità” e affidare ruoli, chiari, pro tempore e a partire dal concreto
Una volta la si sarebbe chiamata gavetta. Affidare ruoli, anche piccoli, fa venir voglia alle persone di “agirli”, di mettersi a disposizione per quello che sanno e possono fare, con e per gli altri. Questo è il solo modo democratico per far emergere una nuova generazione della nostra “rappresentanza”, e superare quei meccanismi di cooptazione, per non dire di peggio, che hanno fatto scappare molti di noi da altre formazioni politiche (il Pd, per non andare troppo indietro nel tempo) e che purtroppo abbiamo rivisto in parte nella formazione delle liste di LeU. Basta con la scusa che non c’è tempo: la vedo già arrivare, in vista della prossima assemblea di aprile e della costituzione di un partito a novembre. Troviamolo il tempo, mettiamo a frutto quello che abbiamo. Se riusciamo a far questo, avremo strumenti in più per mettere in pratica il terzo punto:
3. Non rimanere intrappolati nelle nostre assemblee, locali ma non solo
Le nostre assemblee sono state spesso luoghi di parole in libertà, dove si commentano i titoli dei giornali o la situazione in parlamento, dove ciò che viene detto non ha alcuna possibilità di impatto su ciò di cui si parla. BASTA con lo sfogatoio assembleare sulle strategie politiche, o siamo destinati a rimanere tra noi, a suscitare poco o nulla l’interesse delle persone “normali”.
Poiché è la seconda volta che le cito, spiego: per persone “normali” intendo quelle che vanno a votare, che magari non sono appassionate di dialettica politica, ma che guardano ai problemi coi quali devono confrontarsi nel quotidiano. Per differenza rispetto a “noi reduci”, cioè persone che a prescindere dall’età anagrafica, comunque hanno nel DNA il Gran Partito, il concetto che tutto è politica e che dalla politica non si può prescindere.
Non so voi, ma personalmente avrei fatto molta meno fatica a coinvolgere amici e conoscenti nei nostri dibattiti e magari a guadagnare qualche voto in più, se avessimo parlato di cosa significava sostenere Zingaretti nel Lazio su temi concreti, sui vaccini, sulla rete dei pediatri, anziché rispetto alla categoria concettuale della continuità o discontinuità col Pd.
DOBBIAMO USCIRE DAL RISCHIO DI POLITICANTISMO, specialmente a livello territoriale. È più difficile, ma o si fa o si muore per consunzione. Le riunioni devono avere un calendario, ordini del giorno che non siano solo il nostro ombelico (è un anno che parliamo del progetto politico: la gente ci percepisce come quelli impegnati a perpetrare poltrone non ci sono neanche più!).
UNA RIUNIONE, UN ARGOMENTO! Gli interventi devono essere in tema o si tace: se non si ha nulla da aggiungere, si interviene la volta dopo, su un altro argomento. Come in tutte le assemblee che si rispettino, 3/5 minuti massimo a ciascuno, e alla fine chi ha l’ONERE (e l’onore) di presiedere le riunioni, deve fare una sintesi, una pagina, 10 righe, che possano essere condivise con altri, con altre assemblee, metropolitane o indette per gettare le Fondamenta, con altre organizzazioni di persone fuori del partito se il tema lo invita, con i dirigenti nazionali che, se ci diamo finalmente delle regole, potremo finalmente tornare a sceglierci!
I miei 5 minuti (simbolici) sono esauriti, perciò voglio chiudere dando concretezza nel mio piccolo a quel che ho detto. Io vivo a Roma, all’Esquilino e sono iscritta ad Articolo 1 da quando esiste. Vorrei che nel mio rione fosse creato un coordinamento, fatto da tutti gli iscritti e simpatizzanti che vivono lì e che hanno fatto la campagna elettorale, per continuare a dare delle facce e una linea alla nostra presenza in quel contesto, declinando A PARTIRE DAL RIONE i nostri 4 temi: lavoro e investimenti per crearlo, sanità universalistica, diritto allo studio, progressività fiscale. Siamo in una zona centrale della Capitale d’Italia, un contesto più fortunato di altri, ma di cose da fare ce n’è anche lì: manca una rete di pediatri adeguata, le procedure per i vaccini sono poco efficaci, abbiamo diversi progetti di riqualificazione urbana che languono da anni e se partissero significherebbero lavoro oltre che spazi più vivibili, abbiamo sacche importanti di economia informale sotto casa, problemi di integrazione ma anche alcune soluzioni sperimentate.
Per quanto riguarda la Regione, spero ci metteremo tutti al lavoro per potenziare l’efficacia del nostro unico consigliere eletto. È il nostro “strumento di governo”, diamogli una mano! Va creato un meccanismo, un canale, qualcosa, in modo che si possano fargli avere contributi tematici, informazioni utili, spunti, e anche creargli occasioni di contatto con la gente di territori che non sono il suo. Possibilmente da domani, non durante la prossima campagna elettorale o quando avremo deciso cosa diventeremo.