Riflettere sul 25 aprile per governare il presente e progettare il futuro

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Ancora una volta la vita politico-istituzionale del nostro Paese si intreccia, nei modi più diversi, all’anniversario della Liberazione (25 aprile): imminenti scadenze elettorali (europee e amministrative), fatti politici interni, vicende internazionali con ricadute nazionali.
Proprio in questo contesto appare utile intraprendere una breve riflessione tenendo come base memoria e storia, insieme a momenti intensi carichi di significati. Il partigiano porta nella lotta un forte impegno politico; infatti, nella nuova ‘arte della guerra’ esprime l’ostilità assoluta, perché il nemico è un nemico assoluto, perciò lei o lui si espongono a un rischio totale; è anche fortemente legato (quasi sentimentalmente) ai suoi luoghi che siano campagne, montagne o città. La Resistenza italiana fu possibile per l’intransigente opposizione al regime durante il ventennio, dell’opposizione interna e di quella dell’emigrazione. 
Bisogna evitare, inoltre, i possibili danni di una memoria volutamente corta, e coltivare (difendere) la storia come bene comune per avere una visuale chiara non solo sul presente ma anche sul futuro. Diventando così responsabili difensori dei perché e dei come del nostro passato.
Portare al centro del dibattito, pertanto, la pace non solo come soluzione dei conflitti in atto, ma come principio cardine per la realizzazione di un assetto delle relazioni internazionali e della società mondiale che permetta finalmente di affrontare i grandi problemi attuali nel mondo. Solo per immaginarne alcuni: dalla libertà all’alimentazione, dall’ambiente allo sviluppo, dalla lotta contro ogni forma di fascismo razzismo e oscurantismo alla cooperazione internazionale, dal lavoro alla difesa. 
Per perseguire una sicurezza concreta che raggiunga tutti i livelli dell’attuale società e dare effettivo seguito a prospettive future bisogna porre in essere azioni reali contro la povertà, le diseguaglianze e lo sfruttamento. L’impegno dovrà essere quello di permettere un ruolo sempre maggiore dell’Onu con attività mirate alla protezione ambientale, alla salute, ai diritti umani e la tutela del patrimonio culturale. 
Una visuale cosmopolita, quindi, necessaria per reperire soluzioni che rispecchiano i bisogni umani e globali (trasformando l’insieme più grande delle singole parti) ed esercitando una governance che vada a contrastare le storture imposte dalla globalizzazione neoliberista e azioni immediate contro i cambiamenti climatici.   
Le presenti sfide globali esigono un’attenzione puntuale sull’ambiente, da cui dipende la nostra stessa sopravvivenza. La nostra responsabilità, pertanto, deve essere di sensibilizzare e strutturare le risposte tendendo presente i due piani (fortemente connessi) del locale e del globale per spezzare la linearità imposta dalla Rivoluzione industriale e percorrere la via dello sviluppo sostenibile.
La pace è, in ultima analisi, un processo costruttivo su più piani. Quindi, bisogna avere (e diffondere) la consapevolezza che ognuno di noi ha la possibilità e la responsabilità di partecipare alla realizzazione di un futuro migliore. 
Cent’anni dopo, “La politica come professione” di Max Weber vale a identificare la visione realisticamente più appropriata della politica quale potrebbe o dovrebbe essere.
I problemi analizzati dal sociologo tedesco, in larga parte, sono estremamente attuali: l’inadeguatezza delle classi dirigenti, la scarsa legittimità delle decisioni politiche, la distanza tra governanti e governati, i rischi connessi a un governo dominato da logiche tecnocratiche incapaci di individuare una causa profonda capace di indirizzare l’agire politico.
Secondo Weber, tre sono le qualità imprescindibili che non possono mancare: passione, senso di responsabilità e lungimiranza.
Quindi, è necessario fare proprie queste qualità nell’agire quotidiano e nei progetti di elaborazione in riferimento a ogni scala (sia locale, che nazionale o globale). Essere capaci, perciò, di interpretare e governare il presente e, soprattutto, di progettare il futuro.
Riallacciandomi, in conclusione, al 25 aprile, la richiesta di cambiamento che giunge da ogni angolo del mondo è caratterizzata dalla consapevolezza del passato e la necessità di un futuro migliore, arrivando a risuonare molte volte nelle parole della canzone ‘Bella ciao’ cantata ovunque anche dai giovanissimi. Sono ampie fette di popolazione, energie positive, costruttive che fanno sentire la loro voce, il loro peso e la loro volontà di vita. 
La semplice espressione di solidarietà in molti casi non è più sufficiente, ma è necessario agire in tutte le sedi nazionali e internazionali per impedire che i mutamenti in atto portino a esiti negativi.
L’impegno di tutti, perciò, deve essere per un futuro (costruttivo, necessario e possibile) che metta all’angolo il nazionalismo ed elimini i muri dell’esclusione, che diventi paladino dei beni comuni, che rafforzi i legami transnazionali, che promuova l’uguaglianza.
 
(Nota musicale: chi lo desidera può leggere (o rileggere) questo articolo ascoltando queste due tracce: Bella ciao e Imagine)
Fosco Taccini

Pensatore innovativo e lettore onnivoro (a volte con sottofondo rock), scrive per riflettere in profondità e con creatività. Adora immergersi nella natura e nella politica per osservare e comprendere con attenzione ogni dettaglio. Social, grafica. Responsabile Cultura di Articolo Uno Umbria.