In tempi avari d’eroi, ci si rivolge ai mostri.
In una fase storica in cui il paradosso dell’ultra-personalismo vede la sublimazione del sé affrontare lo spaesamento, scollamento rispetto a tutto quanto è altro, da sé, si prova a coniugare, connettere (per assolversi col mondo e assomigliarsi allo specchio) la propria persona se non alla collettività a un surrogato di comunanza. Di intenti, ideologie, irrazionalità.
Paradosso nel paradosso, ma solo apparente, nel mondo post-ideologico giunto sino a noi sui binari paralleli di atomizzazione dei blocchi sociali da un lato e perseguimento turbo-liberista del profitto privato ad ogni costo (anche umano) dall’altro, per soddisfare la comunque naturale tensione all’insistere come animali sociali ci si rivolge proprio alle ideologie.
In questa situazione di spappolamento sociale, frantumazione e frammentazione politica, in questo chiaroscuro i mostri vengono riportati in vita e in trionfo.
È il caso, in Italia, di schegge rosso-brune di propaganda (anti)social che coinvolge singolari singolarità a sostegno dei talebani che a lor dire governerebbero col consenso e bene farebbero a cercare casa per casa oppositori, o meglio oppositrici, definite e demonizzate come tali per il solo fatto del proprio sesso, non sepolto sotto burqa e tombale silenzio. Oltre le singolarità però anche pluralità, per quanto piccine, in ogni senso: è il caso del Partito marxista-leninista italiano, che dopo aver difeso a spada tratta il dittatore Bashar al-Assad, celebrava in queste ore la “smagliante vittoria” dei talebani. Su Facebook. E se non facesse già piangere e ridere così, venendo subito censurato, da Facebook. Problema nel problema, che accomuna diverse piattaforme se è vero che Twitter censura Trump ma dà voce ai talebani.
Il delirante deragliamento – dirottamento – dei precetti (genuinamente) ‘marxisti-leninisti’ si osserva però da anni molto oltre queste piccole frange e travalica ampiamente i nostri confini.
Stalin ha fatto anche, anzi solo, cose buone; Chavez è grande e Maduro è il suo profeta; la dinastia Castro è mito incrollabile e intoccabile; Gheddafi è rimpianto, Mao è risorto e il Mullah Omar non è mai morto.
Ma oltre ai più illustri, esempi deleteri che propongono equivoci demenziali proseguono a tutt’oggi.
Alle ultime presidenziali francesi Jean-Luc Mélenchon, leader de La France Insoumise, arrivò a meno del 2% da uno storico ballottaggio su una piattaforma anti-immigrazionista, molto meno di sinistra rispetto all’opposizione di Macron ai ‘migranti economici’ e molto, molto simile alle istanze di chi, con quell’1,72% in più, al ballottaggio arrivò: Marine Le Pen. Questo per dire che gli estremi si attraggono financo a toccarsi ma non che gli estremismi possano essere solo e soltanto negativi in sé, si prendano da indifferibili esempi la necessità di politiche più che radicali su ecologismo ed egualitarismo per i quali, tra un surriscaldamento climatico e una pandemia globale, un placebo, un pannicello caldo è troppo poco troppo tardi.
«Voi avete gli orologi, noi abbiamo il tempo». Era così che Mullah Omar, anni fa, prevedeva che prima o poi gli statunitensi sarebbero andati via dall’Afghanistan e sarebbe finalmente potuto tornare il passato, si sarebbe potuto riaccendere il buio.
Ecco, forse anzi senz’altro è tempo di far luce, sul passato senza pensare di potersi specchiare al buio, o di vedere un mostro, credere si sia allo specchio e vedersi pure bello, con più barba e meno democrazia.
E ce n’è tanto, di luminoso presente, che – va da sé – nel buio ancor più risplende.
Zarifa Ghafari, 27enne sindaca più giovane dell’Afghanistan che ha detto «Sono qui seduta in attesa che arrivino», o Salima Mazari, governatrice: «A volte sono in ufficio a Charkint, altre volte devo prendere una pistola e unirmi alla battaglia» e ancora «Io non ho paura, credo nello stato di diritto in Afghanistan», o Amrullah Saleh, ora Presidente costituzionalmente legittimo che al contrario dell’ex-Presidente Ghani, fuggito a Dubai con un elicottero carico di 169 milioni di dollari, è rimasto nel Paese deciso a riorganizzare con Ahmad Massoud, figlio del grande generale “Leone del Panjshir”, il Fronte Unito, perché se è dibattibile l’esistere o meno di guerre giuste (quelle di Resistenza in genere lo sono, con buona pace dei pacifisti sulla pelle degli altri, altro eterno equivoco a sinistra), è non discutibile il diritto all’autodeterminazione, non negoziabile il diritto all’autodifesa. Se è discutibile il fatto che non si possa ‘esportare la democrazia’, concetto di per sé nobile e valido sin da Pericle, ma nella storia reso da vent’anni tossico dall’identificazione con le bugiarde e disastrose guerre nel Golfo, non è accettabile che la democrazia venga negata, che alla dittatura si abdichi e alla democrazia rinunci.
Anche solo pensare di mettersi al tavolo della summenzionata “pace” con i talebani, voltarsi indietro e voltarsi dall’altra parte su democrazia e diritti, oltre a produrre un torcicollo produrrà terrorismo. E terrore ben più tetro a Kabul nel 2021 che quello di Mosca nel 1937 o Parigi nel 1793. Che non si riconosca e subito Amrullah Saleh come legittimo Capo dello Stato, così come prevede la legge costituzionale afghana, è neppure essere avveduti conservatori, bensì avventati complici.
Quel che occorre ai progressisti di tutto il mondo è rispettare la propria ragione sociale e progredire, è ridefinire i propri modelli più marcescenti, rinnegare i propri mostri più mortali.
Ricusare i tiranni, respingere i talebani d’ogni quando e dove. Rifiutare il buio. Riscrivere le mappe, rinominare le vie dai dittatori di ieri agli eroi di oggi e le eroine di domani, squadernare la storia per ripassarne le verità, ridiscutere gli errori e ridefinire le prospettive. Ridisegnare un orizzonte che sia comune, eguale. Reinventare il futuro, come diceva Sankara, ben più eroe di Stalin, assai più degno di Baradar, molto più modello di qualsiasi mostro.