Qui Baobab, più che uno sgombero una vendetta del ministro dell’Odio interno

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Vendetta. Salvini l’ha consumata questa mattina, con tanto di telecamere al seguito per filmare la famosa ruspa. Il nuovo aratro dei tempi moderni. Il lavacro di un’Italia che vuole cancellare anche le poche isole rimaste di solidarietà informale.

Ai ragazzi del Baobab non è stata lasciata nessuna risposta, se non uno striscione bello e disperato “entrate, sarà un bagno di umanità”. Una polemica nemmeno tanto indiretta rivolta a chi, come Casapound, aveva “candidamente” detto di fronte alla minaccia di sgombero delle forze dell’ordine: “sarà un bagno di sangue”. Sgombero che, come è noto, non è stato mai fatto.

Il campo dei rifugiati a ridosso della Stazione Tiburtina ora è il teatro di un’opera di demolizione vera e propria. Tutte le strutture mobili giù, schiacciate dalla ruspa. Le tende via, compresi gli effetti personali salvati dai volontari che pazientemente li raccolgono e fanno l’inventario. Ci sono vestiti, fotografie, libri, telefoni. Il poco che sono riusciti a trasportare in mesi di traversate nel deserto prima, nel Mediterraneo poi.

Perché stanotte duecento migranti, molti minori non accompagnati, molti richiedenti asilo, molti già con permesso umanitario saranno per strada. Non avranno un posto dove dormire e dove mangiare. O forse torneranno qui, ma troveranno un’area sigillata e nessun tetto.

Questo ennesimo sgombero del Baobab è una vera e propria bomba a orologeria in una città che non ha fatto nulla per programmare la prima accoglienza. Se lo sommiamo alla crudele stupidità del decreto sicurezza si capisce che la ruspa finisce soltanto per essere un’opera di mera rimozione. Perché tratta l’immigrazione come una mera questione di ordine pubblico.

Si può dire che oggi con questo spettacolo indecoroso è iniziata la folle corsa contro il tempo di Salvini fino alle europee. Proprio nella Capitale governata dal suo alleato principale, i Cinque Stelle. Di fronte a una manovra che avrà effetti nulli sull’economia reale, l’obiettivo è provocare uno shock a catena sulle politiche di sicurezza. Sgombero dei migranti, centinaia di persone per strada, crescita della paura percepita, aumento di episodi di intolleranza, impennata del consenso elettorale. E, dunque, altro sgombero e così via. Una catena infinita, una fabbrica di tweet. Ormai non è un Ministro dell’Interno. E’ soltanto il Ministro dell’odio interno.

Arturo Scotto

Nato a Torre del Greco il 15 maggio 1978, militante e dirigente della Sinistra giovanile e dei Ds dal 1992, non aderisce al Pd e partecipa alla costruzione di Sinistra democratica; eletto la prima volta alla Camera a 27 anni nel 2006 con l'Ulivo, ex capogruppo di Sel alla Camera, cofondatore di Articolo Uno di cui è coordinatore politico nazionale. Laureato in Scienze politiche, ha tre figli.