Quando il gioco si faceva duro, toccava a lui. Perché era il più mite, e come ha scritto Bersani, il più elegante. Stava al punto sempre, senza perdere la calma e la cordialità. E per questo era implacabile, preciso, e capace di rappresentarci tutti con esattezza e dignità.
Toccò a lui dopo la vergogna dei 101. Prese in mano sorridendo un Pd terremotato e sotto shock. A noi dipendenti, tramortiti da quanto era avvenuto, disse: nessuno si muova dal posto dove lo ha messo Bersani. Mi stupiva il fatto che fosse quasi timido: se doveva girare un video diceva agli operatori e al capo ufficio stampa “ma che dovete stare in tre a guardarmi? Ma non mi viene così!”. Ci guidò con equilibrio e generosità, ascoltando tutti – anche gli altri, certo. Portò a termine il suo compito – quello di convocare il congresso e di esserne il garante – e tornò nei ranghi. Ma non aveva rinunciato a un grammo delle sue idee.
Tre anni dopo, al Parco dei Principi, toccò a lui di nuovo. Parlò per tutti, il giorno che ce ne andammo dal Pd, e non ci furono dubbi su chi era giusto lo facesse. Ripercorse tutti i passaggi degli ultimi anni, tutti i punti di disaccordo, tutti gli errori segnalati, tutti i no ricevuti. E concluse: “Per stare in un partito ci vuole rispetto, rispetto per chi si batte giorno dopo giorno non per indebolire ma per fare più forte il progetto comune per cui tutti abbiamo lavorato”. Poi, tornò nei ranghi di nuovo.
Era toccato a lui presentare la candidatura di Franco Marini a presidente della Repubblica nell’immensa e misteriosa assemblea dei grandi elettori del Pd nel 2013. Ne aveva parlato con rispetto enorme, da sindacalista a sindacalista, nella differenza delle ispirazioni ideali e dei percorsi, nella perfetta identità di prospettiva e di riferimento alla Costituzione e ai valori democratici. “Ci avevi lasciato immaginare un altro Pd, un altro futuro”, gli aveva detto qualche mese fa Roberto Speranza davanti alla camera ardente di Marini, quando avevamo ricordato insieme quell’episodio.
Era un deputato prezioso, un combattente del lavoro come lo ha descritto Arturo Scotto che era con lui in piazza al fianco dei lavoratori della Whirlpool di Napoli una settimana fa. Quello che era stato sempre, in una vita da leader sindacale, prima che avessimo la fortuna di fare un tratto di strada con lui. Un tratto troppo breve.
Grazie di tutto Guglielmo. Tutti noi di Articolo Uno oggi abbracciamo la tua famiglia e le persone che ti hanno voluto bene.