Durante il Viaggio apostolico di papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti (3-5 Febbraio 2019) è stato firmato ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019 il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune; le firme sul documento sono quelle del Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyeb, e di papa Francesco.
“La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare”. Queste sono le parole iniziali. È chiaro come i destinatari principali, non gli unici, sono le donne e gli uomini di fede; ma è soprattutto la prospettiva che va sottolineata: chi ha fede si apre strutturalmente all’altro da sé, al radicalmente Altro. Decide che la sua vita non dipende solo da se stesso. Il Dio che crea è il Dio che gratuitamente dona ad altri qualcosa che prima non c’era. “Dalla fede in Dio, che ha creato l’universo, le creature e tutti gli esseri umani – uguali per la Sua Misericordia –, il credente è chiamato a esprimere questa fratellanza umana, salvaguardando il creato e tutto l’universo e sostenendo ogni persona, specialmente le più bisognose e povere”. Amare i fratelli è il modo più profondo per ricambiare il dono della creazione, in particolare degli uomini, creati, si afferma, uguali per la Sua Misericordia.
Altre due volte compare la parola misericordia: in entrambe le ricorrenze compare accanto alla parola giustizia, in un contesto dove si parla dell’agire dell’uomo, non di quello di Dio. Quanto sia importante il termine misericordia nelle due rivelazioni non è necessario specificarlo: è certamente una pista da percorre quella di approfondire il volto misericordioso di Dio per comprendere la risposta dell’uomo, a partire dalle sue azioni.
Dalla misericordia di Dio nasce l’apertura della fede, da cui scaturisce la fratellanza universale, per la salvaguardia del creato, per sostenere le persone più bisognose e più povere e per far fronte alle sfide e ai problemi del mondo attuale.
Questo documento è scritto in nome di molte voci, ma sono un coro che canta all’unisono, seguendo la melodia intonata dal Creatore, che ha creato appunto perché la terra sia piena di pace, di carità e di bene. E ogni uomo che sente questa tensione alla pace canta assieme a Dio, canta a partire dalla sua umanità piena di desideri anche se ferita perché povera, misera, scartata, orfana, vedova, profuga, esiliata, vittima di guerre, persecuzioni e ingiustizie. Purtroppo a questo coro partecipano tanti popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre. L’armonia che sottende questo canto è la fratellanza umana che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali perché tutti abbiamo la libertà, che Dio ha donato agli esseri umani, creandoli liberi e distinguendoli con essa, perché tutti camminiamo verso la giustizia e la misericordia, fondamenti della prosperità e cardini della fede. Il tema della libertà è importantissimo: Dio ha creato gli uomini diversi e liberi: “Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano”.
Ogni uomo di buona volontà può e deve cantare in questo coro adottando la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio. In questo aiuterebbe molto poter valorizzare la diversità e la complementarietà della tradizione occidentale e della tradizione orientale, a partire dal Mediterraneo, sul quale si affacciano interessantissime città ed esperienze di convivenza.
Quindi i processi da iniziare, quindi, riguardano il dialogo, la collaborazione comune e la conoscenza reciproca, affinché ci sia possibilità di costruire tolleranza, convivenza, pace, giustizia, bene, bellezza dentro il grande orizzonte della fraternità universale.
Questo fiume d’acqua viva deve risanare le grandi ferite dell’umanità:
- guerre, conflitti e spargimenti di sangue. L’estremismo religioso e nazionale e l’intolleranza hanno prodotto nel mondo, sia in Occidente sia in Oriente, la «terza guerra mondiale a pezzi».
- degrado ambientale. La mancanza di una distribuzione equa delle risorse naturali genera morte e fame.
- declino culturale e morale che il mondo attualmente vive.
- crisi dell’economia e della politica che genera solo ingiustizia
- attacco alla famiglia. Attaccare l’istituzione familiare, disprezzandola o dubitando dell’importanza del suo ruolo, rappresenta uno dei mali più pericolosi della nostra epoca.
La riscoperta della fede vera è un’arma per vincere l’individualismo e l’egoismo, per sentirsi solidali, per costruire la famiglia di popoli che il mondo attende. Credere vuol dire riconoscere il dono della vita e sentire la responsabilità di difenderla contro ogni attentato; vuol dire aspirare alla pace con tutte le forze; vuol dire riconoscere che in ogni persona è custodito un tesoro, la cui conoscenza sarà sempre una ricchezza da diffondere, partendo dai giovani. Va ribadito come “le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione che hanno abusato – in alcune fasi della storia – dell’influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini per portali a compiere ciò che non ha nulla a che vedere con la verità della religione, per realizzare fini politici e economici mondani e miopi. Per questo noi chiediamo a tutti di cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione. Lo chiediamo per la nostra fede comune in Dio, che non ha creato gli uomini per essere uccisi o per scontrarsi tra di loro e neppure per essere torturati o umiliati nella loro vita e nella loro esistenza. Infatti Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente”. Ogni luogo legato alla religione è, quindi, sacro e va protetto. Occorre anche sottolineare la posizione netta e precisa di questa dichiarazione sul terrorismo: “Il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo non è dovuto alla religione – anche se i terroristi la strumentalizzano – ma è dovuto alle accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà, di ingiustizia, di oppressione, di arroganza; per questo è necessario interrompere il sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, di armi, di piani o giustificazioni e anche la copertura mediatica, e considerare tutto ciò come crimini internazionali che minacciano la sicurezza e la pace mondiale. Occorre condannare un tale terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni”.
Una pista da percorrere con grande forza è quella della cittadinanza: “Il concetto di cittadinanza si basa sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri sotto la cui ombra tutti godono della giustizia. Per questo è necessario impegnarsi per stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze, che porta con sé i semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità; esso prepara il terreno alle ostilità e alla discordia e sottrae le conquiste e i diritti religiosi e civili di alcuni cittadini discriminandoli”. Un aiuto in questa direzione è lavorare sulle Costituzioni dei vari paesi e, più in generale, sui vari e convergenti movimenti costituenti per come si sono sviluppati nella storia umana.
Alcuni temi collegabili alla cittadinanza sono i diversi diritti da quelli sociali a quelli individuali; il documento ricorda la dignità della donna, il lavoro, l’istruzione soprattutto dei piccoli e la loro nutrizione, la protezione dei diritti degli anziani, dei deboli, dei disabili e degli oppressi che è “un’esigenza religiosa e sociale che dev’essere garantita e protetta attraverso rigorose legislazioni e l’applicazione delle convenzioni internazionali a riguardo.”
L’auspicio di chi ha firmato il documento è che sia portato a tutti coloro che hanno responsabilità e potere in ordine alla costruzione di un mondo diverso e più giusto, a partire dai politici. Ma penso che sia bene che ogni uomo lo legga.
Papa Francesco, in occasione della sua visita in Egitto, aveva parlato di fraternità nel suo discorso ai partecipanti alla Conferenza internazionale per la Pace del 28 Aprile 2017. Riportiamo un breve passaggio: “Insieme, da questa terra d’incontro tra Cielo e terra, di alleanze tra le genti e tra i credenti, ripetiamo un ‘no’ forte e chiaro a ogni forma di violenza, vendetta e odio commessi in nome della religione o in nome di Dio. Insieme affermiamo l’incompatibilità tra violenza e fede, tra credere e odiare. Insieme dichiariamo la sacralità di ogni vita umana contro qualsiasi forma di violenza fisica, sociale, educativa o psicologica. La fede che non nasce da un cuore sincero e da un amore autentico verso Dio Misericordioso è una forma di adesione convenzionale o sociale che non libera l’uomo ma lo schiaccia. Diciamo insieme: più si cresce nella fede in Dio più si cresce nell’amore al prossimo”. E poi aggiunge: “Il nostro compito è quello di pregare gli uni per gli altri domandando a Dio il dono della pace, incontrarci, dialogare e promuovere la concordia in spirito di collaborazione e amicizia. Noi, come cristiani – e io sono cristiano – «non possiamo invocare Dio come Padre di tutti gli uomini, se ci rifiutiamo di comportarci da fratelli verso alcuni tra gli uomini che sono creati a immagine di Dio» (Conc. Ecum. Vat. II, Dich. Nostra aetate, 5). Fratelli di tutti”.
Il Documento sulla Fratellanza ci ha proposto la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio. Il progetto Viaggio intorno al mondo, dove sono protagonisti otto giovani, “quasi tutti studenti universitari in materie umanistiche, sociali o educative (…). Sei di loro sono italiani e di formazione cattolica, anche se non tutti prendono parte alla vita di una comunità cristiana. Due ragazze hanno invece origine marocchina e sono di religione musulmana. Insieme a loro, talora accompagnati da un altro piccolo gruppo di giovani interessati, ci siamo mossi alla scoperta delle nuove presenze religiose, etniche e nazionali presenti sul territorio della nostra città: Bologna”. La presenza di persone straniere a Bologna è oltre il 15%, da quasi 150 nazioni. “In questa nutrita compagine sono presenti cattolici allofoni, cristiani di varie denominazioni, musulmani, aderenti a diverse fedi orientali. Tutto questo ha reso il nostro Viaggio un autentico percorso tra fedi, culture, lingue e costumi ‘altri’ e ci ha visti impegnati su inediti orizzonti di dialogo”. Parole chiave del progetto: osservare per riconoscere, interpretare e descrivere, vissute in dialogo con le comunità incontrate e rielaborate negli incontri del gruppo che conduceva il viaggio. Il libro, che racconta l’esperienza, si divide in quattro parti:
- Incontri: i ragazzi raccontano in modo originale le visite alle comunità.
- Osservazioni: compaiono le riflessioni maturate negli incontri, sulle grandi domande, riguardanti Dio, l’anima, la salvezza, l’identità, il testo sacro…
- Questioni: si raccolgono tre saggi “che ripercorrono le grandi questioni affrontate dal progetto, con l’obiettivo dichiarato di non offrire soluzioni definitive, ma di cercare di leggere la complessità dei problemi e della realtà”.
- Strumenti: si indica la strada da percorrere, i materiali da predisporre se qualcuno volesse intraprendere un viaggio analogo in un altro territorio.
Vi è una duplice tentazione, prima di aprire il volume: la prima è pensare che i racconti degli incontri e le osservazioni siano ingenue o quanto meno troppo soggettive e che quindi varrà la pena leggere solo i tre contributi che compongono le questioni; la seconda, che i maestri che hanno scritto la teoria abbiano scritto cose troppo difficili e inutili per la nostra vita quotidiana. Offro una via per superare entrambe le strettoie: la parte decisiva è la quarta, dove si spiega come partire a nostra volta. Perché? Perché se il racconto di un viaggio non mi fa desiderare di percorrere strade analoghe, esso ha fallito il suo obiettivo. Queste pagine sono un’esperienza e come tali devono essere vissute: cioè esattamente per far nascere il desiderio di intraprendere il medesimo cammino, avendo come obiettivo l’unico che dobbiamo avere tutti, cioè cambiare il mondo, partendo dalla conoscenza di quello che avviene sul nostro pianeta per poi partire nel cambiare noi stessi.
È, quindi, interessantissimo leggere i testi degli otto giovani che compongono la principale ciurma del Viaggio, perché hanno offerto la loro umanità affinché vibrasse delle ricchezze, dei vissuti delle persone incontrate. E queste hanno offerto loro il modo, se non di avere risposte certe, almeno di avere profonde domande da porsi, forse anche da tanto tempo nel cassetto. Quante volte nel libro le osservazioni più profonde sono raccontate come avvenute tornando a casa. La conoscenza dell’altro è avvenuta in modo non razionale: “Ciò che è stato fondamentale e su cui questo progetto si è sempre più focalizzato è stata la capacità empatica e il coinvolgimento emotivo che ogni membro del gruppo è riuscito a portare nei vari incontri fatti con i membri delle comunità religiose. Una qualità, il coinvolgimento emotivo, che ha permesso di approfondire in maniera indescrivibile le tematiche trattate con ogni individuo conosciuto, facendo emergere questioni di rilevante importanza per lo sviluppo di questo lavoro.”
Ma è anche necessario lasciarsi interpellare dalla parte più dottrinale del libro. Marco Bontempi, professore, indica come sia bello, urgente e necessario che ci sia un dialogo tra le diverse esperienze di fede, anche e soprattutto per arricchire la convivenza civile, il senso di cittadinanza. Il tutto è possibile a partire da esperienze di ricerca di qualità. “Le interazioni interreligiose possono essere un terreno nel quale la formazione dei credenti prende la forma del dialogo interreligioso non attraverso il confronto delle risposte, ma attraverso la condivisione della ricerca, delle domande di fondo, della riflessione su come ciascuno ascolta l’altro e sulla risonanza che gli può dare rispetto alle proprie domande, rispetto al proprio percorso. In breve, una formazione a imparare a prendere sul serio la fede degli altri”, ascoltandosi vivendo insieme, godendo della testimonianza di fede degli altri.
La sfida è di altissimo profilo: trasformare tutto quello che ci viene presentato come fonte di paura e insicurezza in una risorsa per la convivenza, per la cittadinanza. “Anche le religioni possono e devono essere una risorsa, e l’Islam non fa eccezione. Per arrivarci ci vogliono visioni e scelte politiche, che possono però emergere e affermarsi solo in una capillare educazione all’alterità, capace di coinvolgere tutti gli strati della popolazione.” L’educazione passa attraverso la conoscenza qualitativa delle esperienze delle persone credenti, a partire dai nostri vicini e passa anche attraverso il recupero della storia: “C’è anzitutto un bisogno generale, musulmani e non, di ricomporre le tessere del mosaico, per scoprire che l’Islam, storicamente e culturalmente, è una porzione del nostro mondo, quell’Occidente che si estende dall’Atlantico alla Persia. L’Oriente vero è la Cina.” Studiare le Costituzioni potrebbe aiutarci a capire a quali tesori noi, oggi, stiamo rinunciando.
Il terzo contributo di Fabrizio Mandreoli si occupa di approfondire le questioni teologiche e di stile che sono emerse nel Viaggio. Mi sembra che le più importanti siano quelle derivate da alcuni testi di papa Francesco, in particolare il suo discorso all’Università Al-Azhar del Cairo. Chi vuole essere in dialogo deve essere radicato saldamente all’interno della propria tradizione, proprio per esprimere con verità la propria identità. Poi occorre il coraggio dell’alterità: “si tratta della disponibilità ad entrare in contatto con quanto è diverso a livello culturale, antropologico e religioso, consapevoli che l’esposizione a quanto è altro può comportare modifiche, sbilanciamenti, ripensamenti, paure, dubbi”. La terza dote dell’uomo in dialogo è la pulizia interiore da ogni altra finalità che non sia la ricerca di un cammino comune. Significa, in altre parole, scegliere di non possedere mai la verità in maniera esclusiva ed escludente. Una parte interessantissima delle riflessioni di Mandreoli vertono sulla lettura del testo sacro: la sottolineatura più importante è costruire una lettura non violenta delle pagine rivelate. Troppe volte la religione ha giustificato e voluto le guerre; possiamo cambiare, proprio vivendo e dialogando, costruendo insieme la pace, perché Dio è pace.
Un’ultima nota: il testo sulla Fratellanza umana è firmato a 900 anni dall’incontro (settembre del 1219) tra san Francesco e il sultano Al-Mailik al-Kamil. Riferirsi al gran santo di Assisi per l’attuale papa è strutturale: dal nome, all’attenzione alla pace, al creato, all’enciclica Laudato si’ (nel titolo e nei contenuti). Non è quindi secondaria questa coincidenza temporale. L’impegno di Francesco di Assisi per la pace è fuori discussione. La forma di Chiesa che l’attuale papa desidera è in sintonia col desiderio del figlio di Bernardone. La cristianità è finita; la direzione è quella di unire i cuori e le menti degli uomini verso una sincera fraternità.