Mentre l’Europa dibatteva sulle virgole del diritto in merito alla vicenda Sea Watch, mentre nel nostro Paese si consumava un derby tutto in chiave social ed editoriali tra la Capitana Carola e il nostro ministro degli interni, a Lampedusa sono sbarcati un numero di immigrati ben superiore a quelli caricati dalla nave olandese.
Il derby, tutto mediatico, tra il diritto del mare e una legislazione raffazzonata e incostituzionale ha occupato per giorni telegiornali, carta stampata, social e salotti, ma non ha spostato di una virgola la questione di fondo, quella essenziale: la politica dell’Europa di fronte all’ondata migratoria con il trattato di Dublino che resta dov’è e com’è, con il nostro governo che non partecipa agli incontri europei sul tema, con il formarsi di inutili, sterili tifoserie.
Che si debba essere solidali e dalla parte della Capitana della nave non c’è dubbio, che si debba porre termine a questi episodi anche, perché non risolvono nulla e non fanno che cementare le rispettive tifoserie, l’incancrenirsi delle rispettive posizioni, l’aumentare dell’intolleranza e non facilitano la comprensione del fenomeno migratorio da parte soprattutto degli strati più esposti della nostra popolazione.
Mentre Carola viene arrestata perché ha portato, forzando il divieto e il blocco, quarantadue migranti nel porto di Lampedusa con addosso gli occhi dell’intero continente, altri duecento sono sbarcati, accolti e smistati nei centri senza che nessuno li vedesse.
Mentre alcuni parlamentari facevano passerella, giusta, ma sempre solo passerella, sul ponte della Sea Wacth, non si è spostata di un millimetro la politica europea in tema di immigrazione.
La sinistra del nostro Paese e quella europea ha di fronte un grande compito che è quello di rimettere davvero al centro il tema della politica continentale sull’immigrazione, dell’imporre che se ne discuta seriamente per giungere a un’azione comune smettendola con il continuo confronto tra accoglienza e rifiuto perché il punto non è questo, giacché il fenomeno migratorio non è gestibile a suon di slogan e di prese di posizione ed è una realtà alla quale non è possibile sottrarsi.
E’ necessario che le rinnovate istituzioni europee mettano questo tema al centro dell’agenda, è necessario che i parlamentari al posto delle passerelle siano presenti all’apertura del Parlamento Europeo, che chiedano che si affronti davvero, una volta per tutte il nodo del trattato di Dublino, che si cominci a costruire una politica comune europea e nel frattempo che si pretenda che il nostro governo partecipi agli incontri su questi temi, che si esca dalla bolla della propaganda, tutti, e si affronti la realtà.
Nell’immediato è necessario che sia ribadito che i porti libici non sono porti sicuri, che siano creati corridoi umanitari sostenuti da intese, da trovare, anche provvisorie ma con urgenza, con gli altri Paesi rivieraschi (Tunisia, Egitto, Algeria) e con i Paesi Ue per una equa distribuzione dei migranti.
La coscienza ce lo deve imporre, non è addormentandosi sotto un poster di Carola che si cambia il mondo.