La nostra Costituzione, promulgata 70 anni fa, il 1° gennaio 1948, è scritta tutta in modo affermativo. Due punti sono negativi. Il fascismo e la guerra. La XII disposizione transitoria e l’articolo 11. Non c’è contraddizione, sono due questioni intimamente connesse. L’articolo 11 dice: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Non nel segno di un pacificismo retorico: ma di una visione ben consapevole del fatto che la sicurezza, nazionale e internazionale, è un bene fondamentale da tutelare: solo, non offendendo “la libertà degli altri popoli” o “come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Lì eravamo. Lì stiamo.
Questo 25 aprile cade, da un lato, in un momento di incertezza per il progetto europeo, dall’altro con alcuni scenari di conflitto che non possono che indurre preoccupazione. Le cosiddette primavere arabe, fenomeno non riconducibile a un’interpretazione semplificata, hanno preso avvio, come si ricorderà, tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011. Con gli esiti, in gran parte non corrispondenti alle attese, che sappiamo. La Siria, nonostante il tempo trascorso, non ha ancora conseguito un punto di approdo capace di definire un nuovo equilibio. La situazione è bloccata sul regime di Bashar al-Assad da un gioco internazionale di cui sono protagonisti, in particolare, Russia e Iran. Il vertice di Ankara tra Putin e Rohani, padrone di casa Erdogan, si è tenuto in data 4 aprile. Neanche 10 giorni più tardi, il 13 aprile, il raid promosso da Trump insieme a Theresa May e a Emmanuel Macron. Un’azione sino a pochi anni fa impensabile senza una risoluzione Onu. Invece, è bastato un tweet.
La pace non è una parola salvifica o taumaturgica. Anzi è l’obiettivo più impegnativo che ci si possa proporre. Occorrono costruttori tenaci e concreti. Dotati di una strategia e di un pensiero. Nel suo saggio sulla pace perpetua Kant spiega come sia indispensabile il diritto internazionale inteso come estensione di quello pubblico che prevede la libertà di ogni membro della società in quanto uomo insieme all’uguaglianza con ogni altro uomo. Non c’è pace senza libertà ed eguaglianza. Lotta di liberazione è un’espressione pertinente, contiene l’indicazione della meta che si propone. Se la pronunci senti che si tratta di una meta verso cui tendere. Una missione non conclusa il 25 aprile di settantatré anni fa, ma che quel giorno ha avuto inizio. Qui e altrove, laddove sia necessario testimoniare i valori della dignità della persona e della giustizia. Evitando il rischio di ogni possibile confusione tra chi seppe compiere la scelta giusta e chi ebbe responsabilità in una dittatura che si macchiò di violenze e illegalità come lo squadrismo, di delitti (a partire da Matteotti), di ingiustizie (il Tribunale Speciale, il confino), di infamie (come il Manifesto sulla razza nel 1938 – ottanta anni fa), di piccole e grandi oppressioni conseguenti alla dittatura, nonché di sciagurati errori, come la decisione di entrare in guerra a fianco del Terzo Reich hitleriano e successivamente di dar vita al regime fantoccio della Rsi.
Antifascismo vuol dire diritto contro il sopruso, civiltà contro la barbarie. Questo significa difesa della Costituzione come fondamento di una civile convivenza. Per custodire quel sentimento, vissuto, siccome si tratta di un bene a disposizione di tutti, anche di chi, allora, e, in parte, successivamente, ebbe a porsi dall’altra parte. Un tratto distintivo del nostro essere comunità nazionale. Da un lato, la documentazione precisa dei fatti. Dall’altro, la convinzione che chi ha avuto ragione, proprio perché ha avuto ragione, non deve smettere di rinnovare la responsabilità della memoria. Qualcosa che comporta non solo celebrazioni ufficiali, ma una festa di popolo. Accade di fatto così, nelle nostre comunità, nelle discussioni in piazza tra la gente, dalle grandi città ai piccoli paesi. Un palco, un oratore, il Comune insieme all’Anpi, la banda musicale che intona Bella ciao. Colonna sonora di qualcosa che non è alle nostre spalle, ma tuttora davanti a noi. Nell’aria buona di una libertà da respirare e riaffermare, sempre e di nuovo, insieme. Buon 25 aprile.