Giulio. Giulio Regeni: per anni abbiamo steso striscioni a richiesta della verità sulla sua orrenda fine, sul suo brutale assassinio, da anni attendiamo dal Governo egiziano risposte concrete, chiediamo di poter processare i suoi carnefici.
Da anni non abbiamo risposte, solo promesse vaghe e rinvii.
L’Italia è in mezzo al Mediterraneo ed è giusto che cerchi di avere rapporti di amicizia e di collaborazione con i paesi rivieraschi, ma il suo ruolo non può prescindere dalla tenuta da un lato dei diritti umani, dall’altro di una reciprocità di rapporti che salvaguardi la sua sovranità.
Il Presidente Conte ha affermato che il dialogo bilaterale deve continuare e questo va senz’altro bene, ma ci sono dei però, limiti e confini che sarebbe ingiusto superare.
Se avvenisse, la vendita delle due navi da guerra e di altri armamenti all’Egitto da parte dell’Italia prima della soluzione del caso Regeni saremmo di fronte a una sconfitta del patrimonio di libertà e democrazia che l’Europa è riuscita a fare proprio solo all’indomani della grande tragedia della seconda guerra mondiale.
Se il business prende il soppravvento sui valori di democrazia costruiti sulle macerie del secondo conflitto mondiale ci troveremo di fronte a un arretramento privo di giustificazioni e di logica, la stessa logica che manca quando si arma un Paese come l’Egitto che nella politica regionale è su posizioni, con azioni concrete, distanti se non diametralmente opposte a quelle italiane.
La questione di fondo è se vale di più il fatturato per le due navi da guerra o la verità per un nostro connazionale ucciso dopo essere stato barbaramente torturato, se vale di più la democrazia che assieme all’Europa il nostro Paese rappresenta o le vendite a Paesi retti da dittature più o meno palesi.
Avere un ruolo, e l’Italia non può non averlo, nel Mediterraneo non può significare ridursi a piazzisti di armi, cosa già di per sé riprovevole, dovrebbe significare avere un ruolo di cooperazione attiva, di agente di pace e collaborazione attiva.
Oggi proseguire nelle attività commerciali a scapito della verità e di una visione geopolitica ampia e lungimirante riduce il ruolo del nostro Paese, lo ritrae dall’essere al centro del Mediterraneo, lo spinge verso una posizione di assoluta ininfluenza e toglie peso anche al suo ruolo in Europa che dovrebbe essere di ponte tra il continente e i paesi nordafricani e del vicino oriente, quelli che con noi condividono il “Mare nostrum”.
Non ci sono “scorciatoie”: se la vendita delle navi avviene prima del giusto processo, nel nostro Paese, degli assassini di Giulio assisteremo a un ammainabandiera senza giustificazioni, alla rinuncia di una politica estera degna di questo nome.
Il Governo è tenuto ad agire con determinazione nel nome di Giulio, della sua famiglia, della posizione che l’Italia ha nella regione mediterranea e anche nel nome delle centinaia di migliaia di egiziani che qui vivono, studiano, lavorano.
Rinunciare alla verità sul caso Regeni oggi vuol dire rinunciare ad avere un ruolo e nulla potrà giustificare questa scelta.