Ancora tu, ma non dovevamo vederci più? Il nucleare, in questi giorni, ha fatto la sua ricomparsa nel dibattito pubblico come in una sorta di fallout. A innescare la reazione, tra le altre cose (vedi anche l’aumento dei costi dell’energia) è stata la bozza sulla tassonomia verde elaborata dalla Commissione europea.
A questo punto, invece dei proclami mirati, si dovrebbe materializzare un dibattito serio. Poiché la bozza in oggetto riguarda le disposizioni europee sulla classificazione delle attività economiche definite sostenibili dal punto di vista ambientale, e che possono accedere ai contributi del Green deal. Il documento introduce come investimenti finanziabili, considerati sostenibili, quelli per il nucleare e per il gas utilizzato per la produzione elettrica. Appare necessario, pertanto, prendere in considerazione una serie di aspetti importanti.
Per prima cosa gli italiani hanno già espresso il loro parere negativo sull’atomo in due referendum: nel 1986 e nel 2011. Secondo, molti elementi sul nucleare restano poco chiari: la sicurezza delle centrali, lo smaltimento delle scorie e i costi di produzione. Il nucleare di terza generazione rappresenterebbe una scelta errata anche per i costi di realizzazione (la Francia ne è un esempio). E il nucleare di quarta (nuova) generazione prevede ancora strutture sperimentali con molteplici criticità (solo per fare un esempio: il tipo di uranio e il suo livello di arricchimento), e in ogni caso resta il problema dello smaltimento sicuro delle scorie. Infine, chi propone l’atomo come soluzione per il caro bollette elargisce solo fumo poiché il prezzo MWh da nucleare è più caro del gas ai prezzi attuali.
Il ritorno (o il nuovo arrivo) al nucleare si configura così come un’opzione doppiamente negativa: sia per l’ambiente (crisi climatica) che per l’economia. La tassonomia dovrebbe essere pertanto guidata da criteri scientifici, di sviluppo sostenibile e di mitigazione del riscaldamento globale.
Andrebbe poi definito chiaramente il ruolo del gas in una dinamica di transizione verso le vere energie rinnovabili (e i loro incentivi per nuovi investimenti). Il tema dell’energia dovrebbe essere, infatti, uno degli aspetti più importanti nelle politiche industriali in riferimento anche al Next Generation EU. Così come definire le tappe per la decarbonizzazione 2030-2050.
Per un vero cambiamento è necessario, quindi, che gli interessi delle lobby (e le più svariate tecniche di greenwashing) lasciano il posto ai reali bisogni delle persone.
Invece di portare avanti processi energetici altamente impattanti sarebbe più opportuno puntare sul risanamento, messa in sicurezza delle infrastrutture e del territorio, il recupero effettivo dell’efficienza e la revisione del Piano nazionale integrato clima ed energia (Pniec) per la riduzione delle emissioni climalteranti di almeno il 65% (l’obiettivo nel Pnrr è solo del 51%). Questo avrebbe un conseguente ritorno sull’occupazione e lo sviluppo; e permetterebbe all’Italia di avere un ruolo per fronteggiare l’emergenza climatica globale.
La transizione ecologica è una sfida immensa e complessa, e se affrontata nel modo giusto può aprire una strada verso un futuro migliore (con alla base la giustizia sociale). Perciò non possiamo proprio mancare all’appuntamento con la vittoria in questa sfida.