Si atteggia a scorpione ma in realtà non è altro che una zanzara. Punge, ma non uccide. La strategia di Renzi non esiste. Si aggiunge alla lunga trafila di fake che animano dai giorni le pagine dei giornali. Si tratta soltanto di una spasmodica tendenza a stare al centro della cronaca. Attenzione: cronaca, non storia.
Il governo che lui ha voluto in un agosto torrido dello scorso anno e che oggi vuole far cadere in questo febbraio primaverile, alla fine resterà in piedi. Un po’ più ammaccato, in debito di ossigeno nel rapporto con l’opinione pubblica, ma Renzi non ha la forza di staccare la spina. Perché anche le pietre sanno che Italia Viva non è pronta a ingaggiare una battaglia elettorale. E che “per andare dove vuole andare” – ovvero a destra tutta – ci vuole tempo.
Per cui la risposta più equilibrata alla puntura di zanzara è la politica, non la paura. Non servono appelli alla responsabilità, serve indicare una direzione di marcia al paese. Serve dire chiaramente che il repertorio del rottamatore – sempre lo stesso, al massimo con qualche sfumatura – ormai appartiene all’archeologia industriale. Una cartolina ingiallita. Roba da spacciare a una setta di nostalgici o a collezionisti dell’horror vacui.
Il presidenzialismo è il rantolo finale di una lettura malata della storia italiana: la scorciatoia dell’uomo forte. E’ stata bocciata già ampiamente il 4 dicembre del 2016 con il referendum. Farla rientrare dalla finestra nel 2020 sarebbe un regalo a Salvini di proporzioni immani. Un passe-partout a chi vuole pieni poteri.
Gli sgravi fiscali alle imprese sono la ripetizione all’infinito del “meno tasse per tutti” ( a partire dai miliardari ) di berlusconiana memoria. Abbiamo visto come è andata: il ceto medio è entrato in crisi, il lavoro dipendente si è precarizzato, i ricchi sono diventati sempre più ricchi. La sfiducia a Bonafede sulla prescrizione è una pistola scarica, il ritornello di chi vive sulla luna. E confonde i propri desideri con la realtà, le proprie emergenze personali con le urgenze del paese. Ovviamente propugnando la retorica del garantismo per i garantiti ( i più forti ) e non disdegnando invece dosi massicce di giustizialismo per i giustiziati ( i più deboli). Ed è questo il tratto più ipocrita di questa finta battaglia sulla giustizia.
Per questo la reazione deve essere all’altezza. Anche chi crede in questo governo deve uscire dalla quotidianità e rilanciare un messaggio di cambiamento. Non un cronoprogramma di provvedimenti, ma una bandiera da sventolare: il principio di uguaglianza. Senza farsi spaventare da un po’ di guerriglia parlamentare senza sbocco e senza senso.
Renzi ormai non esiste più. Eppure rischia di diventare lo spaventapasseri che giustifica l’immobilismo. E questo può essere il più grande danno che può fare. Perché trascinerebbe nel suo “delirio di impotenza” anche le residue speranze di riscatto di milioni di donne e uomini di sinistra in questo paese.
Compiremmo un errore imperdonabile se acconsentissimo alla sintesi ferale di questa parabola finale del renzismo. Italia Viva, politica morta.