Luce verde per il primo governo di coalizione nella storia della democrazia spagnola. Un governo progressista che prende le tonalità del rosso (Psoe, Sánchez premier) e del viola (Podemos, Iglesias vicepremier) e che fino alla vigilia del voto – anticipato – del 10 novembre sembrava impossibile. Quello che suscita maggiore interesse è il programma con una forte impostazione di sinistra e ispirato dai temi centrali sostenuti da Podemos. Incremento delle imposte per i redditi più alti e le grandi società, aumento del salario minimo e delle pensioni. Verrà modificata la riforma del lavoro di Rajoy e abolita la legge bavaglio. Nel programma, concretamente ambizioso, è contemplato l’ampliamento dei servizi del sistema sanitario, il controllo del caro affitti, l’obiettivo del 100% di energia rinnovabile nel 2050. E si cercherà, inoltre, una soluzione politica alla questione catalana mediante un tavolo negoziale tra Madrid e Barcellona.
Il governo spagnolo rosso-viola rappresenta per la sinistra un esempio di come convertire le buone intenzioni in azione politica di governo.
Dall’altra parte dell’oceano, Bernie Sanders sta mostrando al mondo che si può avere consenso con un programma progressista e senza il sostegno dei grandi capitali. E quando gli domandano come riuscirà a concretizzare le sue riforme sociali, risponde che lo farà attraverso la mobilitazione popolare: dando voce a milioni di persone che chiedono l’aumento del salario minimo, l’istruzione gratuita, un sistema sanitario nazionale gratuito e un nuovo modello di sviluppo.
La filosofia di Bernie rappresenta per la sinistra un modo di strutturare l’agenda secondo i concreti problemi che coinvolgono tutto il paese e tutti i cittadini.
Infine, come ultima chiave di lettura: Corbyn, che pur perdendo le elezioni, (ri)porta moltissimi giovani a votare con un programma fortemente radicale. Per uscire dall’attuale deserto dove si sono prosciugati i valori e contenuti, quello che serve è maggiore radicalità, essere netti e riconoscibili attraverso un’azione quotidiana e proposte concrete.
Quello di cui si avverte il bisogno, ma che ancora non c’è, almeno dalle nostre parti, è una sinistra più rock e meno pop. Una sinistra plurale, ambientalista, laburista, inclusiva, che dialoga, ascolta i bisogni reali delle persone e che ha una chiara visione del futuro.
Da alcuni mesi un numero crescente di persone (un po’ di tutte le età) esprimono la volontà di partecipare in prima persona alla vita pubblica scendendo in piazza, per chiedere con toni pacati maggiore giustizia sociale e meno odio razziale, maggiore attenzione per l’ambiente e la democrazia e meno demagogia. Riprendendo Gramsci del Quaderno dal carcere sugli intellettuali: siamo tutti donne e uomini politici, poiché abbiamo una concezione del mondo e di come lo vogliamo cambiare. Quindi, è fondamentale ripartire tutti insieme da una visione sociale, orizzontale, dal basso e plurale. Concepire la nostra azione come pedagogia politica e inclusione democratica. Ritrovando e riscoprendo la capacità di rappresentare chi è stato escluso o colpito dalla globalizzazione neoliberista, di raccogliere le istanze e l’energia che persistono nella società italiana. Fare della politica, pertanto, uno spazio accogliente e incubatore di cambiamento.