“Per vincere serve un’alternativa. Radicale. Quando tutto cambia devi cambiare tu. Serve studiare ancora, muovere dal pensiero, mescolare appartenenze e culture. Serve una forza, non la somma di pezzi sparsi, e quella sarà anche la via d’accesso per formare altre classi dirigenti. Ma infine serviranno umiltà e voglia di spendersi. Non è facile perché alle spalle abbiamo anni dominati dal culto opposto, meno vincoli e la subalternità a un capo. Però non è bastato e il racconto di questo tempo hanno finito per dettarlo gli altri. Adesso, alzando la testa, il prossimo viaggio dovremmo compierlo noi. E questo lo fai scegliendo i bagagli adatti. Magari non quelli di sempre, ma adatti. Solo così ci si alza e si va”.
Con queste parole Gianni Cuperlo propone nel suo ultimo libro ai lettori di mettersi In viaggio. La sinistra verso nuove terre (Donzelli, pp.182, euro 13,00).
Il suo contributo ha il tratto dell’instant book, anche se di racconto della cronaca minuta di questi ultimi drammatici mesi non c’è quasi nulla; un saggio scritto con passione e con la sua consueta voglia di scoprire, scavare, capire le ragioni di una sconfitta epocale per la sinistra italiana per provare a ripartire, a rimettersi, appunto, in viaggio.
Per poter riprendere il cammino dopo la batosta del 4 marzo, Cuperlo ritiene indispensabile che nella disponibilità del viaggiatore vi siano otto fondamentali e insostituibili bagagli, nell’ordine: Speranza, Identità, Libertà, Conoscenza, Partito, Politica, Europa e buon ultimo la Sinistra.
Nella sua ricerca, Cuperlo non si attarda nella facile tentazione reducistica del bel tempo andato, dei grandi partiti di massa provvisti di ideologie totalizzanti con risposte pronte a ogni interrogativo sulla contemporaneità e nel tempi che viviamo: e questo è un grande merito, perché di fronte alla macerie dei bacini di consenso tradizionali della sinistra è prevalente tra i gruppi dirigenti come tra i militanti la malinconia per un’epoca e per una società che non tornerà più.
Ed è quindi legittimo interrogarsi se si può tornare in viaggio, con l’idea che “a volte dalla disperazione rinasce la speranza”, ovvero vi possa essere, in un futuro non troppo lontano, una sinistra nuovamente vincente ed egemone nella società prima ancora che nelle urne.
Per comprendere le ragioni della vittoria dei Cinque Stelle e della Lega il 4 marzo, secondo Cuperlo, è necessario in primo luogo smettere di usare il termine “populismi come passepartout per omettere i nostri ritardi” e prendere atto di una diaspora che ha lasciato a sinistra – come mai nella sua storia recente – milioni di orfani.
Elaborare una nuova identità, scrivere un nuovo programma fondamentale, è un dunque un passaggio obbligato per recuperare fiducia e consensi perduti e soprattutto superare la frattura prodotta dal renzismo perché, ad esempio, “se sei la sinistra non riformi la scuola o il lavoro contro la Cgil. Lo devi incalzare il sindacato. Chiamarlo alle sue responsabilità. Ma non togliendogli ruolo. Non sminuendone la radice”.
Un programma fondamentale, che in estrema sintesi, rielabori gli obiettivi identitari della sinistra della giustizia e della libertà, senza cadere, però, nella trappola di contrapporre i diritti civili a quelli sociali e avendo il coraggio di riproporre con forza un ruolo da protagonista per lo stato regolatore e per un nuovo welfare.
E alle fondamenta di una moderna sinistra, per Cuperlo, deve esserci in primo luogo il diritto al lavoro e quindi a un reddito, avendo però tra le priorità di governo uno straordinario investimento in cultura e formazione al fine di contrastare la diffusione endemica di un clima di paura del futuro, perché in questo brodo di coltura di insicurezza la destra con i suoi messaggi tradizionali sarà sempre vincente.
La riflessione sul partito, strumento irrinunciabile per la sinistra, è autocriticamente severa pensando ai limiti e agli errori del Partito democratico, fondato nel 2007 con l’ambizione di dare risposta a una domanda di rappresentanza di un “popolo” largo e divenuto, invece, progressivamente una forza post-ideologica e infine “senza identità”.
Un Pd che dunque andrebbe ripensato radicalmente perché “senza questo la convivenza può divenire inutile, persino insopportabile” e al tempo stesso un partito che sappia fare i conti con la sconfitta, con la bocciatura dell’esperienza di governo e affronti a viso aperto una maggioranza degli italiani animata da “un rancore esteso, frutto della mancata distribuzione del dividendo sociale della ripresa con l’immobilismo ormai permanente del vecchio ascensore sociale, per troppi inchiodato al pianterreno. Casomai con la sola probabilità di scendere più in basso, giù in cantina”.
Ma se è vero, come sostiene giustamente Cuperlo, che la “sconfitta riguarda ciascuno di noi, chi è uscito e chi è rimasto”, non sarebbe più utile interrogarsi sulla necessità del superamento delle ragioni fondative dello stesso Pd e chiedersi quindi se non si debba progettare e costruire una nuova casa della sinistra italiana, per una nuova comunità politica? Il coraggio che viene invocato per un ripensamento del bagaglio delle idee dovrebbe, infatti, valere anche pensando allo strumento per dare gambe a una nuova stagione della sinistra, dimostrando, così, di aver fatto tesoro degli errori compiuti e non continuando a riproporre un simbolo divenuto logoro e troppo identificato con il renzismo, una stagione che deve essere archiviata per una nuova ripartenza.
Sulla nuova frattura che si è andata espandendo negli ultimi anni, quella del nostro rapporto con l’Europa, la ricetta proposta da Cuperlo è, per sua stessa ammissione e non senza una critica severa agli attuali limiti dell’Unione Europea, “visionaria” nel senso migliore del termine perché come lui scrive “solo in una visione la politica ritrova l’anima: il nazionalismo porta a destra. La sinistra viaggia solo nello spazio incerto dell’Europa”.
Con un’efficace sintesi, infine, per l’autore non bisogna mai dimenticare che la sinistra non può limitarsi a essere “il volto umano della destra” e, anzi, si deve sempre trovare il coraggio di accettare le sfide proposte dai cambiamenti sempre più repentini della società e dell’economia. L’obiettivo finale è quello di “ricostruire passione per una sinistra da vivere come la più formidabile delle speranze collettive”.