La pandemia da Covid-19 ha cambiato profondamente le abitudini di vita di noi italiani. Tra le prime cose a cambiare c’è stata la scuola. Da subito, per evitare il contagio, le scuole sono state chiuse e gli alunni mandati a casa, arginando il problema con le video lezioni.
Per quanto la scelta sia stata obbligata, non possiamo non valutarne l’impatto sugli alunni. Con la didattica a distanza il diritto all’istruzione è davvero garantito? Gli alunni, costretti a casa a seguire video lezioni, hanno tutti le stesse possibilità? Seguire dalla propria stanza, con un pc di ultima generazione con una connessione internet veloce, è uguale a seguire con il cellulare in una stanza condivisa con altri fratelli e con una connessione internet più lenta? I bambini della scuola primaria sono indipendenti nel seguire le lezioni, oppure c’è stato bisogno dell’aiuto dei genitori? E quando i genitori non potevano o non sapevano aiutarli, chi si è occupato della loro istruzione? Quanti sono stati gli alunni che non si sono connessi alle varie piattaforme e non hanno potuto seguire le lezioni? Cosa si sta facendo per recuperarli?
Moltissimi sono gli interrogativi che ho maturato in questi mesi. L’istruzione pare essere sempre all’ultimo posto nei programmi politici, viene intesa solo come spesa e mai come investimento. Poco importa se i nostri ragazzi hanno difficoltà a comprendere un testo semplice, o se non riescono a risolvere problemi elementari.
Il continuo disinvestimento sulla scuola pubblica ha riformato vecchi schemi in cui solo chi ha i mezzi economici può studiare, il resto è abbandonato a se stesso. Condanniamo un bambino a rimanere nel contesto in cui nasce, senza dargli nessuna arma per cambiare.
La didattica a distanza ha solo mostrato lo stato della scuola italiana, mettendo luce sulle profonde discrepanze che ci sono. Adesso sta a noi impegnarci per risanare le cose e garantire a tutti il diritto all’istruzione.
L’Italia ha bisogno di un investimento importante nell’istruzione, di nuove infrastrutture, scuole con più aule che ospitino meno alunni, sia per limitare il contagio sia per migliorare la didattica, la scuola ha bisogno di insegnanti motivati, non di precari sottopagati e frustati. L’unica speranza che ha l’Italia sono i suoi giovani, e sulla loro istruzione bisogna investire per costruire un Italia migliore.