C’è chi dice che in questa partita abbia vinto lui, Matteo Renzi: può anche essere, ma di certo provocare una crisi di governo per raggiungere il risultato, forse, di formarne uno nuovo basato bene o male sulle stesse forze politiche che sostenevano quello uscente non è proprio un percorso lineare. A meno che non lo si pensi, e forse è proprio così, legato a un ego che quasi non ha precedenti nella storia politica del nostro Paese.
La maggioranza che sosteneva il governo Conte due, e segnatamente la sua parte più progressista, avrebbe dovuto chiedere di vedere le carte di Italia Viva che è andata avanti per due mesi a titoli, a slogan senza mai entrare nel merito specifico delle questioni, senza elaborare davvero, checché ne dicano, proposte fattibili e concrete.
Forse si sarebbe dovuta limitare l’esposizione mediatica del Presidente del Consiglio e si sarebbe dovuto collegialmente discutere ed elaborare un Recovery fund più articolato, che avesse uno sguardo strategico sulla necessaria rinascita del Paese, uno sguardo post pandemia vero e attento: una sinistra che sa guardare oltre probabilmente avrebbe capito che i canti dai balconi della primavera 2020 si sarebbero mutati nella frustrazione e nella rabbia un anno dopo.
La vera questione non è se ha vinto Renzi, la vera questione è se perde l’Italia. Al diavolo i giochetti di palazzo, qui oggi è in ballo il futuro di questo Paese, delle generazioni che verranno dopo e che avranno sulle spalle montagne di debiti; o diamo a loro una prospettiva o non se ne esce, non c’è prospettiva, è questo il punto sul quale riflettere ed elaborare, tra trent’anni che sia stato Renzi o altri non importerà a nessuno.