Il coronavirus, il famigerato Covid-19 che sta sconvolgendo la vita di milioni di italiani, un merito lo ha: sta facendo venire a galla, di fronte a una emergenza di questa portata, il fallimento del federalismo applicato ferocemente sul servizio sanitario.
In una situazione come quella attuale di massima allerta e attenzione per la tutela della salute pubblica ha fatto più che bene il Presidente del Consiglio a richiamare le Regioni e a paventare l’avocatura al governo di tutte le funzioni sanitarie.
Il cosiddetto federalismo ha avuto un ruolo di deflagrazione del servizio sanitario nazionale inasprendo le disparità territoriali e dando impulso alla sanità privata a scapito di quella pubblica.
La Lombardia, eccellenza sanitaria, è oggi terreno di larghi profitti dell’industria sanitaria privata con il servizio pubblico schiacciato sempre più ai margini, tempi di attesa impensabili solo dieci anni fa oggi sono la realtà: mesi per un esame pubblico, un paio di giorni al massimo per uno privato, una svolta dura, frutto dei decenni di governo del “celeste” Formigoni che oggi la Lega si ostina a perpetuare.
Di fronte alle regioni che nonostante le direttive del Ministero della Salute si muovono in ordine sparso è lampante quanto sia necessario tornare ad avere un sistema sanitario nazionale degno, che torni a rappresentare la necessaria universalità del welfare, che riesca a redistribuire sull’intero territorio nazionale i servizi sanitari e i loro presidi.
Il coronavirus fa crollare questo indegno spezzettamento della sanità pubblica che rappresenta ed è un attacco feroce al welfare, alla sua indispensabile universalità, con leggi, nomi, burocrazia, ticket, accessi diversi da regione a regione che hanno prodotto un unico risultato: l’assalto dei grandi gruppi del settore tesi al profitto massimo con un danno incalcolabile sulla salute pubblica e quindi con ulteriore peso sulla finanza pubblica.
La delega alle regioni delle materie sanitarie ha aumentato, è un dato di fatto, le disparità e ha impedito e impedisce a milioni di cittadini il diritto alla salute.
Tornare a un sistema sanitario nazionale deve essere un obiettivo prioritario, ripensare i presidi territoriali, superare l’attuale sistema del “medico di famiglia” figlio della figura del medico condotto, rendere la salute pubblica diffusa su tutto il territorio del Paese l’unico vero virus benevolo.
Ciò che resta del nostro sistema sanitario che ancora è denso di eccellenze e capacità deve essere assolutamente valorizzato e finanziato, espanso e diffuso.
E’ una questione, reale e vera di democrazia, è terreno di giustizia sociale. Irrimandabile.