Sono cresciuto seguendo una scuola di pensiero, di cui tuttora faccio parte, che vede nel diritto di voto una opportunità preziosa, un modo per prendere in mano il futuro e per dare un contributo al Paese. Lo ritengo sempre vero, tranne per i voti-sondaggio, in particolare per quei sondaggi eccessivamente costosi.
Questa eccezione è ben rappresentata dal referendum indetto per domenica 22 ottobre in Lombardia e in Veneto. Un appuntamento che è stato presentato al pubblico come un voto a favore della tanto paventata autonomia regionale, ma altro non è che un sondaggio destinato a rilevare l’umore della popolazione, probabilmente in modo parziale, senza prospettare alcun esito politico concreto. Qualora vincesse il Sì, infatti, i presidenti delle due regioni si sentirebbero autorizzati dai loro cittadini, o quanto meno da una parte, a chiedere a Roma l’attribuzione di ulteriori forme di autonomia nella gestione delle proprie faccende. E non serve una sfera di cristallo per immaginare quale potrebbe essere la risposta da parte dello Stato.
Non sarà inoltre sfuggito a molti il fatto che questo richiamo ai seggi, o meglio ai lussuosi tablet, cade alla vigilia delle prossime elezioni regionali, previste per la primavera del 2018. Risulta difficile persino ai comunicatori leghisti più abili celare lo spirito propagandistico e pubblicitario dietro il mito di una agognata autonomia. Per i promotori del referendum, infatti, si tratta di buttare il carico da 11 sul tema che da sempre è stato capace di smuovere e unire gli animi degli elettori leghisti con i relativi voti, proprio a due passi dalle elezioni.
Per queste ragioni, appare difficile interpretare il pensiero che ha spinto alcuni sindaci del Partito Democratico ad appoggiare una tale iniziativa. Giorgio Gori, sindaco di Bergamo e probabilmente prossimo candidato del centrosinistra alla guida della Lombardia, ha dichiarato da tempo che domenica 22 ottobre andrà a votare Sì per svuotare questo referendum del significato politico impresso dalla Lega. Secondo il sindaco, le forme di autonomia servono, basta metterle in campo con fini diversi dai leghisti. Gori non ha considerato forse che ogni voto in più sarà strumentalizzato dalla squadra di Roberto Maroni, il quale utilizzerà questo referendum per sentirsi promosso dei cittadini che votando hanno deciso di seguirlo in questa avventura.
Motivo valido per deviare, almeno questa volta, dalla mia solita scuola di pensiero e non assecondare le velleità leghiste.