Il dibattito scaturito in seguito alle manifestazioni di protesta tenute nel nostro Paese dopo il brutale assassinio di George Floyd a Minneapolis si è concentrato sulla richiesta fatta dai “Sentinelli” e ripresa da altre forze e realtà milanesi e non solo, di togliere agli storici giardini di Porta Venezia, i Giardini reali che si collocano di fronte alla villa reale di via Palestro, l’intitolazione a Indro Montanelli con la conseguente rimozione della statua che vi è stata collocata nel 2005 dall’allora sindaco di Milano Gabriele Albertini.
L’intitolazione a Montanelli fu allora decisa in quanto il giornalista spesso si sedeva su una delle panchine dei giardini e lì fu gambizzato dalle Brigate Rosse nel giugno del 1977.
Il motore della richiesta di togliere al fondatore del Giornale l’intitolazione è dato dal suo aver partecipato come ufficiale alla guerra coloniale in Eritrea e di aver allora comprato per suo uso sessuale una bambina di dodici anni, cosa che lui stesso ha più volte confermato senza alcuna resipiscenza, anzi facendola passare come una cosa “normale” che allora e in quelle terre era comune e “naturale”.
Schiere di giornalisti hanno pubblicato articoli in cui spiegano che era così davvero allora e che tutta la vicenda va contestualizzata, che si deve guardare alla storia con il distacco che richiede per riuscire ad interpretarla; dall’altra parte vi sono state azioni dimostrative forti come l’imbrattamento con vernice della statua.
Il punto vero non è tanto la figura di Montanelli, giornalista di destra, mai pentito del suo passato, che fu “sdoganato” a sinistra in nome dell’antiberlusconismo negli anni novanta quando lui diventò fiero oppositore di Silvio Berlusconi che gli aveva scippato la sua creatura, il Giornale.
Il punto vero è la costante mancanza della capacità e della volontà di fare i conti con la storia del nostro Paese, una storia che ha visto l’Italia essere una potenza coloniale spietata e sanguinaria che impose, finché ci riuscì, il proprio dominio sull’Eritrea con violenze atroci e centinaia di migliaia di assassinii.
Il generale Graziani che comandava il Regio esercito, quello di cui Montanelli volontariamente faceva parte, e aveva il titolo di viceré di Etiopia, si macchiò in quegli anni di orrende repressioni con l’utilizzo criminale di gas letali, con la distruzione sistematica di interi villaggi, uccisioni di massa, impiccagioni e fucilazioni.
Se ancora nel 2020 si fa balenare l’immagine degli italiani “brava gente” significa che i conti con la storia non si sono fatti, che le atrocità commesse da Badoglio e Graziani in Libia e in Etiopia non sono entrate nel senso comune, che non si ha la coscienza che fanno parte della nostra storia, che ancora in fondo si pensa che il fascismo e il colonialismo italiano furono ”altro” rispetto a quello degli altri Paesi europei e che l’unico cattivo in Europa negli anni seguenti fosse Hitler.
Per fare i conti, finalmente, con la storia del nostro Paese è necessario alzare il tappeto e tirare fuori, per smaltirla, la polvere che vi abbiamo gettato sotto: non comprenderlo è grave e va decisamente evitato.
Per questo rimuovere la statua di Indro Montanelli dai giardini di porta Venezia e cambiare l’intitolazione del primo storico parco cittadino è un dovere e una necessità; un Paese è grande quando ha il coraggio della memoria, quando non sfugge al proprio passato, ma ne fa tesoro e monito.