Il 25 Aprile del 1945 è il giorno simbolo della resistenza partigiana che ha combattuto per chiudere definitivamente il ventennio più buio della storia del nostro Paese. Nella vita di una comunità nazionale ci sono momenti epici che segnano l’identità collettiva e che proiettano la loro forza ben al di là dello stesso tempo in cui questi avvenimenti accadono. Il 25 Aprile è sicuramente il ricordo, direi addirittura il doveroso tributo, del Paese verso chi quella battaglia l’ha fatta. Sono le migliaia di italiani che durante il fascismo non hanno piegato la testa e hanno difeso la nostra democrazia, spesso pagando il prezzo più alto con la propria vita, come accadde a Giacomo Matteotti, primo martire dell’antifascismo. Ma ricordare il 25 Aprile non può significare solo guardare al passato.
Il 25 Aprile significa lottare per la democrazia e per la libertà sempre e dovunque. Una lotta che non si può fermare ai confini di un tempo o di uno spazio delimitato, una lotta universale che ci riguarda in ogni momento. Democrazia e libertà non vanno mai considerate due conquiste acquisite e definitive. E questo è particolarmente vero oggi. La democrazia non sempre è la regola in giro per il mondo, basti pensare a cosa avviene in molte aree del continente africano, a poche centinaia di chilometri dalle nostre coste, o alle ultime evoluzioni del dibattito politico in Paesi importanti come la Turchia o la Russia. Negli stessi Paesi a tradizione democratica più solida avanzano nuove forze politiche che portano con sé un germe antidemocratico. In un contesto del genere, è chiaro come cresca il rischio di un indebolimento delle libertà degli individui.
Per questo, oggi più che mai, occorre esserci sempre il 25 Aprile. Per ricordare il passato, ma soprattutto per costruire il futuro. Con l’Anpi e con tutti coloro che hanno a cuore la democrazia e la libertà nel nostro Paese come in ogni angolo del mondo.