Dopo l’accordo dei ministri finanziari sono iniziate immediatamente polemiche e recriminazioni. È bene quindi cercare di fare il punto in maniera seria e ragionata sulla situazione che, date le carenze strutturali della zona euro, i pregiudizi da parte di molti e la scarsa credibilità di altri, è per sua natura molto complessa.
Va riconosciuto comunque che le iniziative delle Istituzioni europee non sono mancate: la più importante riguarda il nuovo programma di acquisto di titoli da parte della Bce che riguardano non solo i titoli del debito pubblico dei Paesi membri, ma anche di titoli di imprese private e carta commerciale. Si tratta di 700 miliardi, cui si aggiungono altri 200 già decisi in precedenza che, sia pure operando sul mercato secondario, comporteranno una consistente monetizzazione dei debiti europei. Ma l’aspetto più importante della operazione consiste nel fatto che per la prima volta viene superato il limite degli acquisti in base alle quote di partecipazione dei Paesi alla Banca centrale, nonché il limite di acquisto per ogni singola emissione. Queste decisioni favoriscono soprattutto i Paesi con elevati debiti pubblici (quindi soprattutto l’Italia, oltre che la Grecia) e contribuiscono a contenere gli spread. Questi acquisti per il nostro Paese potrebbero raggiungere il 10% del Pil, coprendo quindi il fabbisogno ulteriore ipotizzabile per l’anno in corso, e quindi sterilizzando l’incremento del debito pubblico prevedibile.
La Bce, inoltre, ha previsto incrementi di liquidità fino a 3000 miliardi di euro a tassi negativi per il rifinanziamento delle banche, allentando anche i requisiti di garanzia normalmente richiesti.
L’autorità di vigilanza bancaria ha infine ridotto alcuni requisiti di contabilizzazione dei rischi liberando 120 miliardi di capitale.
Si tratta nel loro complesso di interventi di dimensioni notevoli e senza precedenti.
Per quanto riguarda la Commissione, essa ha sospeso il patto di stabilità ed ha modificato le regole per gli aiuti di Stato permettendo così ai singoli Paesi di intervenire a sostegno di imprese in difficoltà. Inoltre per l’Italia è prevista la possibilità di utilizzare la parte residua dei fondi del bilancio 2014-20, rimuovendo i vincoli per l’utilizzazione dei fondi strutturali ed eliminando la necessità di cofinanziamento. Si tratta di risorse superiori allo 0,5% del Pil.
L’accordo raggiunto in sede Ecofin, che dovrebbe essere deliberato dal Consiglio Europeo, può essere considerato, ed in effetti è, modesto rispetto alle esigenze; tuttavia esso mobilita risorse per circa 500 miliardi: 200 come maggiori capacità di prestito da parte della Bei, 100 col meccanismo di assicurazione sulla disoccupazione SURE che per quanto lontano da una assicurazione automatica per la disoccupazione, è comunque un intervento comune, e 200 miliardi di finanziamento da parte del Mes con il solo vincolo della utilizzazione dei fondi per la sanità. Si tratta di verificare se le clausole previste saranno immodificabili anche per il futuro, ma sicuramente siamo fuori dal Mes applicato finora. Tuttavia il ricorso al Mes andrebbe comunque evitato per l’inevitabile “stigma” che il ricorso ad esso potrebbe rappresentare nei confronti dei mercati per Paesi come l’Italia e la Spagna. La questione potrebbe essere superata se la richiesta di fondi al Mes venisse effettuata per solidarietà da tutti i Paesi dell’eurozona.
Ma l’aspetto più importante dell’accordo consiste nella previsione di un fondo comune per il rilancio economico dell’eurozona di dimensioni che non dovrebbero essere inferiori a 500 miliardi. Non si sa ancora come il fondo sarà finanziato e presso quale Istituzione, ma come ha detto la signora Merkel, possibilità di finanziamento alternative (almeno in apparenza) rispetto a tradizionali eurobond esistono, e già se ne discute in diverse sedi.
Stando così le cose è difficile sostenere che il bicchiere sia “mezzo vuoto”, o vuoto del tutto. Il problema principale riguarda i tempi di intervento, che possono diventare troppo lunghi rispetto alle necessità esistenti. Tuttavia la Merkel deve far maturare presso la sua opinione pubblica la consapevolezza della necessità di interventi solidali, processo che, a giudicare da numerosi segnali, è già in corso.
Per quanto riguarda il nostro Paese, a partire dalla lettera, promossa dall’Italia e sottoscritta da 9 Paesi della zona euro, la sua iniziativa può essere considerata adeguata, salvo le ripetute affermazioni di Conte secondo cui in caso di mancato accordo l’Italia “farebbe da sola”. Purtroppo da soli non siamo in grado di andare da nessuna parte.