Come un gatto in tangenziale è un’espressione di uso comune. Sta a indicare, in modo un po’ crudo, qualcosa che non può durare. Nel nuovo film di Riccardo Milani diventa metafora del rapporto tra una ragazza di famiglia più che benestante ed un ragazzo del quartiere Bastogi. Il soggetto e la sceneggiatura dello stesso Riccardo Milani, insieme a Paola Cortellesi, Giulia Calenda (figlia di Cristina Comencini, sorella del ministro) e Furio Andreotti. Musiche di Andrea Guerra, figlio di Tonino. Squadra collaudata, sempre sul tema periferie, già in Scusate se esisto!, nel 2014, storia di una giovane donna architetto, Serena Bruno, originaria della provincia, Anversa, in Abruzzo. Brava a scuola e all’Università, ottimi voti, eccellente curriculum, senza quel che serve: la solita raccomandazione. Sicché, come tanti giovani di talento, a un certo punto, cerca una soluzione all’estero. Poi, sopraffatta dalla nostalgia, torna in Italia. Dove incontra lavori dequalificati: come progettare un sepolcro Kitsch o servire ai tavoli di un ristorante. Sino a quando elabora un progetto – Chilometro verde – non senza un’indagine sociale tra i residenti del Corviale. Partecipa al concorso; lo vince; ma solo perché Commissione la confonde con un uomo: Bruno Serena.
Anche in Come un gatto in Tangenziale abbiamo la periferia posta a confronto col centro, territoriale e sociale. Due mondi che coltivano ciascuno pregiudizi verso l’altro. Si ricompone la coppia Cortellesi-Albanese, dopo Mamma o papà?, nel 2017, sempre di Riccardo Milani. Da un lato, Giovanni (Antonio Albanese), intellettuale, metodologo dell’integrazione sociale, residente nel cuore della capitale, che, come viene ripetuto più volte con varie storpiature, coordina un think tank legato ai fondi europei, proponendosi interventi di riqualificazione.
La figlioletta tredicenne Agnese (Alice Maselli), educata all’equitazione e a non farsi ingannare dalle apparenze, secondo il vecchio “adagio” per cui l’abito non fa il monaco. Regola alla quale si attiene anche nel rapporto con Alessio (Simone de Bianchi), quattordicenne della borgata Bastogi. Scampolo di dialogo per strada a seguito di un incontro casuale tra padre e figlia. Agnese: “Papi, ho conosciuto un ragazzo. Alessio…”. Il quale, nello stesso istante, compare al suo fianco. Giovanni: “Dov’è casa di Alessio?”. Alessio: “Bastogi”. Giovanni: “Dove, scusa?” Alessio: “B-a-s-t-o-g-i”. Giovanni si allontana, raggiunge i suoi collaboratori, chiedendo loro che idea hanno di Bastogi. Risposta: “Quello è un posto irrecuperabile, a confronto Scampia è un centro benessere”.
Giovanni, in contraddizione con l’educazione data alla figlia, entra in affanno. Comincia a controllarla, seguirla, pedinarla. E’ così che conosce la mamma di Alessio, Monica (Paola Cortellesi), quando lei, a seguito di una mancata precedenza, in pieno traffico, gli taglia la strada, lo costringe a fermarsi, impugnando una mazza da baseball, che abbatte sul parabrezza, sfondandolo. Monica, ex cassiera di supermercato, lavora, in forme precarie, nella mensa di un centro anziani. Non è meno disorientata e preoccupata per la scelta del figlio. Convive con due sorelle, Pamela e Sue Ellen, effetto a distanza della fiction Dallas. Piccole ladruncole ai supermercati. La moglie separata da Giovanni è Luce (Sonia Bergamasco), fuggita in Provenza; coltiva la lavanda, da cui trae essenze, per disprezzo verso l’Italia, rivolgendosi in francese anche alla figlia. Il marito di Monica, Sergio (Claudio Amendola), molto segnato dalla vita, più dentro che fuori, più a Rebibbia che a Bastogi.
Da questi elementi basici emergono, in forma di commedia, due caratterizzazioni antitetiche. Sino al confronto tra Coccia di Morto e Capalbio. Dove avviene il casuale incontro con un mito delle sorelle di Monica, Franca Leosini in persona, autrice e conduttrice televisiva, dal 1994, di Storie maledette. Restituendo, al contempo, una disincantata descrizione dell’ambiente della periferia e della convivenza tra mentalità diverse, le une accanto alle altre, piuttosto che mescolate tra loro. Completando, così, con altri motivi, la tavolozza di Scusate se esisto! con un ulteriore “spaccato” della Roma di cui tanto si discute anche nella cronaca.
Come un gatto in Tangenziale non pretende di essere una novità assoluta; ma, a suo modo, la prosecuzione di una storia avviata sul filo della critica sociale, non senza un tocco stralunato e surreale. Antonio Albanese compreso e misurato nella parte. Paola Cortellesi istrionica e camaleontica. Entrambi impegnati a mostrare come sotto la rigidità dei ruoli possa muoversi qualcosa in virtù della conoscenza reciproca. Confrontarsi con la realtà significa tener conto delle sue interpretazioni possibili. E’ uno di quei casi in cui il cinema, senza espliciti scopi politici, può indicare alla politica qualche utile chiave di lettura.