Lunedì scorso, con una condivisibile riflessione, Roberto Speranza ha lanciato l’idea di un governo di legislatura con Pd e Movimento 5 Stelle: non un esecutivo balneare, utile dunque solo a fare una finanziaria lacrime e sangue, bensì un progetto più ampio che miri a rimettere in ordine il Paese dopo anni di scelte politiche disastrose, che ci hanno condotti sull’orlo del baratro.
Ora, fatto salvo l’antico principio del Si vis pacem para bellum, che ci consiglia di tenerci pronti a una durissima campagna elettorale, qualora andasse in porto l’ipotesi di Speranza come si può evitare che questo governo si impaludi nelle consuete schermaglie della politica italiana, senza riuscire a incidere realmente nella vita degli italiani?
È chiaro a tutti che siamo di fronte a un crinale di livello storico, uno di quei momenti in cui le uniche due possibilità sono il trionfo o il disastro: è bene quindi iniziare a riflettere per arrivare preparati al momento in cui si dovessero mettere in campo scelte politiche concrete.
Qualcosa lo indica già Speranza nella sua riflessione: innanzitutto le regole del gioco, ossia una legge elettorale proporzionale. Questa è necessaria non solo per sottrarre la nostra democrazia alla torsione maggioritaria che, dopo anni di scavo, rischia di consegnarci al progetto autocratico salviniano; è necessaria soprattutto alla responsabilizzazione delle forze politiche e a lanciare un segnale nei confronti dei cittadini, a far loro capire che la loro giusta richiesta di rappresentanza non verrà lasciata senza risposte.
A questo proposito, però, bisogna anche sottolineare che il taglio dei parlamentari va in tutt’altra direzione: se passasse la riforma costituzionale voluta dal Movimento 5 Stelle l’Italia, già agli ultimi posti in Europa per rapporto cittadini/parlamentari, diventerebbe la democrazia europea con il minor numero di parlamentari pro capite: uno ogni 800.000 cittadini. Un’assurdità che mina alla base l’idea di una relazione equilibrata tra la rappresentanza elettiva e la popolazione e che va assolutamente evitata.
Gli altri temi da mettere sul tavolo di un eventuale governo non possono essere altro che quelli che Articolo Uno ha già individuato, nelle sue discussioni, come centrali per il futuro del Paese, e che rispecchiano analoghe riflessioni presenti anche nel sindacato: in primis il lavoro. Un grande intervento per la sicurezza fisica e sociale dei lavoratori, accompagnato da provvedimenti volti a far accedere a un lavoro dignitoso anche chi ne è escluso, un’urgenza irrimandabile con una disoccupazione e una precarietà giovanili che testimoniano gli errori dei governi di centrosinistra.
Questo si può fare con un Green New Deal che includa anche la messa in sicurezza del territorio e delle nostre infrastrutture, con un occhio di riguardo al Sud, che ancora in vaste aree ne soffre la mancanza di fondamentali; e va accompagnato da un intervento a sostegno del nostro sistema sanitario, che scricchiola pericolosamente mettendo a rischio la salute di tanti cittadini.
Tutto questo è probabilmente ampiamente condiviso all’interno di Articolo Uno.
Ciò di cui invece spesso si sottovaluta l’importanza è un grande investimento sul futuro: su scuola, università, ricerca e innovazione; sono i comparti che più hanno pagato la crisi economica e le politiche punitive volute dai governi di centrodestra. Qualcosa di buono si è fatto nella passata legislatura ma non è stato sufficiente: occorre un intervento organico per la democratizzazione di questi settori e la loro crescita (in termini di organico e di numero di cittadini che se ne servono), accompagnato da un investimento che permetta di recuperare il tempo perduto, per non consegnare il Paese a un destino oscuro.
Serve, infine, cancellare i provvedimenti voluti da Salvini, come i due decreti sicurezza, e bloccare la flat tax. Difficilmente un governo come quello che qui si ipotizza potrebbe sottrarsi o accampare scuse davanti a un programma di questo tipo.
Il compito di Articolo Uno in questa fase non è solo quello di impedire che il Paese cada domani nelle mani di questa destra eversiva e pericolosa: è anche quello di impedire che ci cada tra quattro anni. Noi ne abbiamo consapevolezza. Ora bisogna lavorare perché questa si faccia strada anche nelle menti degli altri.