Le frasi della ministra Bellanova pronunciate alla Leopolda sul merito e la meritocrazia quali parametri propri della sinistra hanno fatto e fanno giustamente discutere e mettono in evidenza persino le contraddizioni con il richiamo alle idee liberali che Italia Viva vorrebbe incarnare.
Difficile in un contesto sociale che ha sempre più nella diseguaglianza la sua caratteristica principale poter parlare con leggerezza di merito; finché si tratta di affermare che posizioni di responsabilità non debbano essere occupate in base alla tessera che si ha in tasca, ma alle competenze possiamo ovviamente essere tutti d’accordo, ma quando si pone come “faro” del proprio agire una indistinta meritocrazia le cose cambiano e non di poco e verrebbe da chiedere alla stessa ministra se il suo passato da bracciante agricola alla quale di fatto fu impedito di studiare e istruirsi sia dipeso da un suo demerito o dalle condizioni sociali nelle quali si è venuta a trovare in giovane età.
Verrebbe anche da chiedere alla ministra quale merito possa mai avere il suo leader per essere capo di un partito di governo dopo aver lavorato per distruggerne un altro, dopo aver fatto in un campo il ruolo di quinta colonna del campo avverso, dopo essere stato sonoramente bocciato e non una volta sola dagli elettori.
Mi verrebbe da chiedere alla ministra quale merito abbia mai io per essere nato bianco nella parte ricca del mondo e quale demerito avessero la madre e il figlio trovati abbracciati in fondo al Mediterraneo, ma non occorre e non ci si deve rifugiare in argomentazioni che, seppure valide, sembrano sconfinare nella retorica.
Necessario è invece prendere spunto proprio dalle improvvide parole di Bellanova per tornare sul tema dell’uguaglianza intesa naturalmente non come appiattimento, ma come comune trampolino di lancio, uguaglianza di fronte alle possibilità, possibilità che uno stato democratico dovrebbe saper porre di fronte ad ogni suo cittadino, ad ogni sua cittadina.
Può apparire come una ripetizione, ma il fatto che “l’ascensore sociale” non solo a un certo punto si sia fermato, ma abbia iniziato a scendere è un dato incontrovertibile che caratterizza la fase attuale e il dato tragico non è solo che oggi al contrario delle generazioni precedenti i figli non riescano ad arrivare “oltre” quello cui sono arrivati genitori e nonni, ma che proprio non riescono ad arrivare da nessuna parte, non ce la fanno, non hanno orizzonti, e allora inutile versare lacrime sul crollo della natalità, sulle decine di migliaia di ragazzi e ragazze che stazionano in un limbo dove non trovano posto per lo studio o per la ricerca di un lavoro.
La profonda tragicità della scissione tra il prima e il dopo la crisi del 2008 ha fatto sì che si erodessero nel corso di questi ultimi anni anche le risorse delle famiglie, le risorse dei nonni, che hanno tamponato la costante diminuzione del welfare e della previdenza dello stato.
E allora parlare oggi di merito e di meritocrazia senza affrontare il tema delle possibilità non ha alcun senso ed è anzi fuorviante e sottolinea non solo l’incapacità, ma soprattutto la volontà e la convinzione che sia giusto perpetuare uno sviluppo dell’ingiustizia, che non sia possibile una società diversa.
Oggi più che mai anziché straparlare di merito è il tempo di affrontare la questione delle opportunità che debbono essere poste come raggiungibili e non possono esserlo se a ognuno non viene data una base di partenza solida e paritaria che vuol dire estensione a tutte e tutti dei diritti che oggi vengono compressi a partire dal diritto alla salute e all’istruzione, vuol dire lavorare affinché davvero sia applicata la nostra Costituzione che ci vuole eguali, che ci impone di rimuovere gli ostacoli alla promozione sociale, al diritto al lavoro, all’uguaglianza di fronte alla legge.
Essere oggi di sinistra non può prescindere da tutto questo, non può permetterci di pensare che in un mondo di ineguaglianze possa esserci progresso e crescita.
Per capirlo, ministra Bellanova un consiglio, senza essere costretta a studiare grossi tomi, andare a rileggersi, se mai l’ha letto, il sempre attuale piccolo volume “Destra e Sinistra” di Norberto Bobbio: lì c’è la spiegazione.