Cara Chiara, anzitutto ti ringrazio per aver lanciato un dibattito sistematico su questo sito, con l’hashtag #ricominciodatre.
Leggo tante cose interessanti e azzeccate. Altre mi persuadono meno e lo voglio dire perché non vorrei che andassimo a cercare cause della sconfitta troppo complicate e strutturali.
Ho fatto il consigliere comunale, l’assessore e la senatrice. E poi ho fatto questa allucinante campagna elettorale, nelle temperature impossibili che la Lombardia ci ha regalato a gennaio e febbraio di quest’anno. So di che cosa parlo.
Ci sono certamente ragioni di struttura. Il lavoro è cambiato (meglio sarebbe dire: il lavoro è marginalizzato e umiliato), la società è frammentata, i bisogni sono nuovi e qualche volta LeU non ha saputo leggerli. Però, francamente, tutto questo è autoassolutorio, perché noi abbiamo fatto errori molto più marchiani e banali.
Punto primo: siamo usciti dal Pd troppo tardi.
Punto secondo: abbiamo perso troppo tempo appresso a Pisapia.
Punto terzo: abbiamo comunicato malissimo (qualcuno pagherà per questo, spero).
La faccio troppo semplice? No, per niente.
Sul Jobs Act abbiamo detto cose chiare, da subito. Sui voucher abbiamo fatto manifestazioni a non finire. Sulle delocalizzazioni abbiamo gridato ai quattro venti (io personalmente ho trascinato Speranza e Scotto fino alla sperduta Roncello in Brianza dai lavoratori KFlex e poi sono andata dalle lavoratrici della Canali; Grasso è andato all’Ideal Standard e alla Embraco). Quando in Parlamento abbiamo presentato la proposta di reintrodurre l’articolo 18, il Movimento 5 stelle si è astenuto.
Sul fisco le nostre proposte sono le migliori. Abbassare le aliquote sugli scaglioni di reddito medio-bassi e alzarle su quelli più alti; introdurre una qualche forma di tassazione sui patrimoni per tassare di meno l’impresa e il lavoro. E poi recuperare base imponibile combattendo l’evasione fiscale.
Su corruzione e legalità né LeU né io personalmente possiamo rimproverarci nulla, mentre il Movimento 5 stelle ha parecchio da spiegare a quella parte di elettorato che presta un’attenzione mediamente vivace. Rosa Capuozzo a Quarto, Patrizio Cinque a Bagheria e Nogarin a Livorno. Per non dire della Raggi a Roma, città nella quale infatti il M5Stelle perde voti in termini assoluti.
Dov’è il problema? Il messaggio e comunicarlo.
Le persone decidono come votare all’ultimo momento e lo fanno sulla base dell’immagine e dell’impressione che si sono fatte principalmente in televisione. È forse un caso che sia stato eletto presidente della Camera uno che ha presieduto la Commissione di vigilanza RAI? E che tra i nostri eletti ci sono gli ex presidenti delle Camere che hanno avuto in questi ultimi 5 anni un’esposizione televisiva eccezionale?
In televisione, durante la campagna elettorale, siamo stati pessimi. Non c’era una parola d’ordine, non c’era un viso nuovo, non c’era coordinamento. Sui social non è andata meglio. Ogni candidato andava per sé.
E soprattutto non abbiamo rivendicato a sufficienza le cose su cui avevamo e abbiamo indiscutibilmente ragione. Che il Jobs Act fosse sbagliato oggi lo dicono tutti (compreso Veltroni); oggi tutti lodano Fico per il suo bel discorso che si richiama alla Costituzione ma noi il 4 dicembre stavamo dalla parte giusta; che questa vandea per la destra anche in Toscana e in Emilia Romagna è figlia del Rosatellum i giornaloni lo rimproverano genericamente “alla sinistra” ma il PD non è sinistra e noi avevamo votato contro. Ma non siamo riusciti a comunicarlo.