Dunque Renzi se va dal Pd, il dado è tratto e la necessaria scomposizione e ricomposizione del quadro politico ha un suo inizio e questo non può che essere salutato come fatto positivo, di chiarezza, di inizio di percorsi nuovi.
Quello che preoccupa non sono i renziani che vanno via dal Pd, sono quelli che restano a fare testa di ponte per la continuazione di una politica di distruzione del centrosinistra, incapaci di capire che è finita un’epoca, così come sarebbe bene lo capissero “gli altri” del Pd, quelli che sono reduci dal fallimento di un percorso che sebbene sia nato su “buone intenzioni” non è riuscito nel suo intento ed è, inesorabilmente, giunto al capolinea.
Oggi chiunque si ritenga parte della parte progressista del Paese non può sottrarsi a un impegno, che pur nelle differenze, è comune a tutti ed è quello della costruzione di una nuova forza progressista che riesca a coagulare attorno il se il consenso necessario per governare questa difficile fase del Paese.
Costruire una vera sinistra di governo, riuscire nuovamente a riunirla in una casa unica capace di contenerne le diverse sfaccettature, ricostruire un’identità in grado di essere alla guida di processi nuovi, innovativi e moderni, capace di guardare al mondo con occhi nuovi e diversi, aperti e consapevoli di quanto sia necessario lavorare e lottare per cambiarlo questo mondo, per raddrizzarne le storture, per evitare che frani nell’abisso della distruzione sociale e ambientale.
Può sembrare una contraddizione, ma oggi è necessario che ognuna delle componenti del campo progressista rimarchi la sua originalità, che lavori per un obiettivo comune con il proprio portato di idee, proposte e anche di identità perché non è certo il momento di correre ad ammucchiate indistinte, ma di comprendere quanto insegna il percorso, storicamente infelice, del più grande partito del centrosinistra, di comprendere che la questione non sta nella contendibilità della leadership di un partito, ma nella sua capacità di esercitare nel Paese la contendibilità del governo, nel essere in grado di dare risposte concrete e prospettive.
Nessuna corsa quindi verso un “rientro” che oggi non avrebbe alcun senso e nessun futuro, né verso la ricostituzione di nuove correnti in un vaso che comunque è rotto, che nonostante le generose intenzioni di chi ha voluto costituirlo ha fallito e ha mancato i propri obiettivi fondanti.
Oggi è necessario che si costituisca e si rafforzi la consapevolezza della necessità di generare una nuova cultura ecosocialista, di equità e giustizia sociale, non è il tempo di rimettere insieme i cocci per ricostruire un contenitore che si è svuotato a causa dei suoi limiti di fondo, dei suoi limiti iniziali.
Oggi, davvero è tempo di andare oltre con coraggio e con determinazione, di saper affrontare le sfide che richiede il tempo, che sono irrinunciabili per la ricostruzione di un Paese che sappia essere protagonista all’interno del nostro continente, e contribuire alla svolta epocale di cui il mondo ha necessità e urgenza.
Sarà il tempo e l’impegno che ognuno saprà metterci a determinare quale sarà il nuovo quadro politico nel Paese, certo è che oggi di tutto abbiamo bisogno, meno che di finte scorciatoie.