Dopo l’estate del mojito, con un po’ di orgoglio, in viaggio verso #UNICA

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Abitualmente il silenzio elettorale, sistematicamente poco rispettato, è limitato al sabato precedente le elezioni. Questa volta mi sono un po’ allargato. Tre elezioni in un sol colpo (europee, regionali, amministrative) avevano messo a dura prova coronarie, fegato e parecchi altri organi. Alleanze diverse, sentimenti differenti, indicazioni contrastanti. In sintesi: confusione, contraddizioni, imbarazzo e smarrimento. Sentimenti e sensazioni che mi hanno infastidito e preoccupato. Ammutolito. Avevo scritto comunque una delle mie abituali riflessioni. L’ho tenuta per me. Aspetterò, dicevo, gli insediamenti, le prime mosse, i primi interventi. Lascerò che passi l’estate. Tanto in agosto non succede mai nulla.

Poi invece un vice Presidente del Consiglio nonché Ministro degli Interni, a torso nudo, in bermuda, il mojito tra le mani, scatena l’estate più folle che questo paese ricordi. Ed ecco aprirsi uno scenario inimmaginabile. Pieno di incognite, dubbi, rischi, ma altresì di speranze, volontà, impegni. Impossibile tacere. I giorni convulsi delle consultazioni e della formazione del nuovo Governo; parole e commenti a fiumi, spesso scomposti, duri, offensivi; veri e propri insulti. Inciucio, poltrone, tradimento, comunisti fuori dal tempo…

La critica forse più diffusa: la presunta manovra di palazzo, messa in atto per impedire al popolo sovrano di andare alle urne. Oddio, capisco che al bar o sulle panchine dei giardini pubblici ci sia qualche difficoltà a spiegare la democrazia parlamentare, ma il tema è stato sbandierato come fosse un attacco alla democrazia. A insistere maggiormente chi pochi giorni prima aveva chiesto per sé “pieni poteri” e qualche facinoroso (sono generoso) intento a difendere con il saluto romano la libertà di manifestare in piazza (nonostante le restrizioni imposte dal Ministro di cui sopra). Poche le eccezioni; a spiccare la calma olimpica, la pacatezza di Federico Fornaro.

Certo l’accordo con il M5S è stata una sorpresa. Pochi se lo aspettavano, pochi lo volevano. Certo non chi fino a pochi giorni prima aveva escluso in maniera assoluta la possibilità di un simile accordo. Qualcuno che poco più di un anno or sono ne aveva bruciato qualsiasi possibilità preferendo al dialogo i popcorn aveva improvvisamente cambiato idea. Eppure c’è chi ci aveva pensato, ci aveva provato. Molti hanno dovuto riconoscerlo.

Era il 2013, il famoso streaming finito a sberleffi. Sei anni dopo siamo ancora lì. A Bersani andrebbe perlomeno chiesto scusa.

Eppure che il M5S non fosse da demonizzare in toto lo avevo capito pure io. Non è elegante citare se stessi, ma era il 12 marzo di quel fatidico anno delle elezioni “non vinte” (benché quei voti permisero al Pd di governare per cinque anni con Letta, Renzi e Gentiloni), quando titolavo una mia riflessione “Un’opportunità a cinque stelle”. Rubo a Bersani un sms inviato a Mentana “Si resiste alla tentazione di dire: porca puttana, ve l’avevo detto” (il simpatico aneddoto è riportato nel libro di Chiara Geloni “Titanic, come Renzi ha affondato la sinistra”; approfitto per consigliarne la lettura).

La coerenza pare non esser più di moda, pare anzi aver assunto un aspetto negativo. Il futuro del mondo, sostiene qualcuno, è dei folli. Sono loro gli innovatori. Elogiamo pure la follia come faceva Erasmo da Rotterdam, ma stiamo attenti a chi ne paga le conseguenze. Coerenza non è la cieca e rigida acritica adesione a un qualche discutibile principio o a qualche anacronistico pseudo ideale, non è una professione di fede senza se e senza ma a ruoli fuori dal tempo e dalla storia, non è nostalgico rimpianto del bel tempo che fu. Coerenza è credere e sostenere le proprie idee, coraggio di ammettere e correggere gli errori, accettare il confronto. Credo ci sia da andar fieri della coerenza dimostrata in questi giorni difficili.

Si aprono ora imprevisti e imprevedibili scenari. A rimescolare ulteriormente le carte ci si mette pure l’altro Matteo con la scissione dal Pd. Si prega cortesemente, e nel caso anche non cortesemente, di evitare inesistenti confronti e parallelismi con la formazione di Articolo Uno.

Sarà un bene? Sarà un male? Lo scopriremo solo vivendo. La nascita di “Italia viva” non suscita in me particolari emozioni, temo piuttosto il ritorno di un redivivo Ghino di Tacco appostato a taglieggiare i governanti di passaggio. Ma forse è la volta buona che le posizioni si definiscono, ci si lasciano alle spalle contraddizioni, confusione, imbarazzo, smarrimento. Chiarezza e coerenza possono portare a una nuova stagione per le forze democratiche e progressiste, alle quali spetta l’onere di cimentarsi con coraggio nella costruzione di un nuovo centro sinistra.

È talmente tanto tempo che si insegue il soggetto unitario capace di raccogliere le istanze di quella parte di società che non si sente più rappresentata che pare quasi una chimera. Potrebbe non essere più così. I rapidissimi stravolgimenti di questi mesi, la convinzione di quanto concreto sia il pericolo dell’insorgere di forme antidemocratiche, fanno pensare che il quadro politico generale stia radicalmente cambiando. Difficile dire ora come sarà tra qualche anno, di fatto si apre un’opportunità, un’operazione di ampio respiro cui tutti siamo chiamati a partecipare, ognuno con la propria sensibilità, ma pure con la propria autonomia di pensiero.

Nessuna scorciatoia. Per nessuno. È tornato a risuonare il leitmotiv del “rientrate nel Pd?”, spesso senza nemmeno l’interrogativo. Lo scrivono i giornali, lo prevede la Boschi, me lo chiedono per strada. Direi proprio di no: il Pd, oggettivamente nostro interlocutore oltre che nostro alleato di governo, con Zingaretti segretario e ora con la fuoriuscita di Renzi, potrebbe avviarsi su una buona strada. Speriamo. Ma questo non vuol dire rientrare. Abbiamo davanti una situazione così grave e pesante che è utopia sperare di risolvere con qualche rimescolamento, tutto è da ricostruire, un lavoro enorme da fare, necessariamente insieme ad altri.

Il governo appena insediato avrà vita non facile, a elevato rischio. Articolo Uno, rappresentato da Roberto Speranza e Cecilia Guerra, si è assunto un gravoso impegno e una immensa responsabilità. La conferma della nostra intenzione di partecipare attivamente al cambiamento. Originali, autonomi, coscienti però di non essere autosufficienti.

Sarà l’occasione per cimentarsi nel realizzare quanto da tempo andiamo dicendo: combattere le disuguaglianze, difendere la sanità pubblica, combattere le emergenze climatiche e ambientali, affrontare le questioni extra nazionali, l’immigrazione innanzitutto, all’interno di un corretto dibattito europeo, ripristinare toni e modalità di confronto degni di un popolo civile. Restituiamo dignità, serietà, civiltà, umanità a questo Paese. Ora parto. Ancora una volta a Roma, per #UNICA, la festa di Articolo Uno. Ci si ritrova tra amici e compagni. Ce ne saranno di cose da dire!

Diego Brignoli

Diego Brignoli 60 anni artigiano di Verbania. Ex parecchio: Consigliere Comunale dal 1999. Presidente Consorzio Servizi Sociali. Consigliere Provinciale. Coordinatore mozione Bersani alle primarie. Perde le primarie per sindaco di Verbania (la vincitrice è oggi Sindaco PD). Capolista elezioni amministrative, risulta il più votato. Presidente Consiglio Comunale. Si dimette da Consiglio e PD nel 2015. Segue Articolo Uno da prima che nascesse: era a Roma all’incontro al Frentani nel dicembre 2016. Non si perde nessun incontro successivo benché Roma sia lontana. Coordinatore verbanese di ArticoloUNo. Candidato all’uninominale ottiene un buon ancorché inutile risultato personale soprattutto in città (5,18). Non si arrende.