Giovanni Marino
Ettore Giampaolo
Anna Starita
Lorenzo Fattori
Da più parti in Europa e nel mondo si teorizzano e si sperimentano nuove forme di partecipazione della cittadinanza ai processi decisionali politico istituzionali mentre ferve il dibattito tra gli studiosi su come rivitalizzare il modello della democrazia liberale, che dovunque nel mondo occidentale mostra segni di affanno.
In Italia una seria riflessione sul rapporto tra democrazia interna ai partiti, il loro ruolo quali strumenti per la formazione degli orientamenti politici generali del paese e una “democrazia sostanziale”, stenta a decollare.
Esiste a nostro avviso una contraddizione stridente tra il desiderio di partecipazione dei cittadini alla vita politica del Paese e la possibilità concreta che viene loro offerta di esercitare questo diritto, attraverso quelli che, secondo la costituzione, dovrebbero essere i canali e gli strumenti privilegiati per farlo, ovverossia i partiti.
L’art. 49 della costituzione così statuisce: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
La sfiducia dei cittadini nei partiti tradizionali, il disinteresse dei giovani per la politica, l’allontanamento dai partiti, sono fenomeni cresciuti esponenzialmente negli ultimi decenni.
Eppure, molti segnali ci dicono che questa frattura tra la politica organizzata e la cittadinanza, non è insanabile.
Negli ultimi mesi in tutta Italia si sono moltiplicate le manifestazioni di protesta contro il decreto Salvini sull’immigrazione. Gli studenti sono tornati a manifestare per il diritto allo studio e contro il cambiamento climatico. I sindacati hanno portato in piazza centinaia di migliaia di persone.
La crisi della politica è anche la crisi dei suoi strumenti di partecipazione
Il tema del cambiamento, non si risolve naturalmente solo con delle formule organizzative.
Senza una analisi politica adeguata alla fase storica che stiamo vivendo; senza la definizione del nostro campo sociale; senza la elaborazione di una proposta politica che incontri i bisogni della nostra gente e che sia in grado di offrire un “orizzonte”, non potrà nascere un nuovo grande partito della sinistra in Italia.
Il partito che ci serve
Per elaborare questa proposta, tuttavia, occorre un partito che metta radici nei luoghi di lavoro, nei quartieri e nei territori, nei luoghi dello studio e della cultura; che sia attrezzato, culturalmente e organizzativamente, per esercitare una funzione di “regia territoriale” degli interessi dei nostri soggetti sociali di riferimento e dei cittadini in generale; che sia capace di esercitare nella società una funzione di “mobilitazione cognitiva” e di costruzione di un “ragionamento pubblico”; che sia autonomo nella sua iniziativa dalla azione di governo delle amministrazioni locali, anche quando governate da propri esponenti; che sia capace di selezionare una nuova classe dirigente sulla base delle lotte e del lavoro politico territoriale e tematico e non più soltanto sulla base di logiche di appartenenza, fedeltà e cooptazione.
Non è più il tempo del “partito chiesa”.
Non abbiamo bisogno di strutture centralistiche, rigidamente verticistiche, in cui le informazioni e le decisioni discendano dal vertice della piramide verso il basso secondo un flusso prevalentemente unidirezionale.
Non abbiamo bisogno di un partito che esaurisca la propria funzione nella mediazione e rappresentanza istituzionale di interessi e bisogni collettivi e talvolta individuali, ma incapace di organizzare e mobilitare i cittadini affinché dalla presa d’atto dei bisogni si passi alla costruzione partecipata delle proposte e delle risposte.
Abbiamo perciò bisogno di un partito, che offra ai cittadini la possibilità concreta di impegnarsi in un progetto complessivo di cambiamento, di contare, di dare un senso attivo alla propria cittadinanza.
Lo statuto di Articolo Uno – MDP
Lo statuto vigente di Articolo Uno non risponde a questi requisiti.
Pur comprendendo le condizioni di incertezza e di estrema fluidità della attuale fase politica, che non hanno consentito, ad oggi, una approfondita riflessione e conseguenti decisioni sulla forma partito, non possiamo non rilevare che il “modello di partito” prefigurato dallo statuto è un partito verticistico e auto referenziale, in cui gli organismi dirigenti, a partire dalle assemblee provinciali, sono eletti in modo “indiretto” dai delegati congressuali.
È un modello di partito che non garantisce una equilibrata rappresentanza dei territori negli organismi dirigenti provinciali né in quelli regionali.
Partecipazione e vita democratica all’interno dei circoli dovrebbero essere alimentati da un “piano nazionale annuale di attività” approvato dalla Direzione nazionale che i circoli sono tenuti a realizzare.
Il rapporto quindi tra il vertice e la base della piramide è di tipo prevalentemente unidirezionale dall’alto verso il basso.
Non vi è alcun tipo di vincolo o prescrizione volta a promuovere o garantire un processo ampio e coinvolgente di partecipazione degli iscritti ai processi decisionali e alla formazione degli indirizzi politici.
La costituzione di eventuali gruppi tematici, circoli del lavoro, gruppi di studio non è accompagnata da norme che attribuiscano a queste realtà la possibilità di contare e incidere nei processi decisionali.
La stessa organizzazione in seno alla assemblea nazionale di forum tematici è facoltativa e non collegata ad analoga organizzazione territoriale.
È un modello esposto al rischio di un eccessivo “leaderismo”: il segretario nazionale è eletto dagli iscritti con modalità stabilite non dallo statuto ma, di volta in volta, dal regolamento congressuale, norma che lascia aperta la possibilità di una elezione diretta del segretario da parte degli iscritti.
A questa indeterminatezza si accompagna la previsione statutaria secondo la quale la direzione nazionale, composta da quaranta membri, è eletta dalla assemblea nazionale su proposta del segretario. D’altra parte la assemblea nazionale è un organismo che, per la sua ampiezza, non può svolgere una puntuale funzione di indirizzo politico e di contrappeso rispetto alla segreteria.
I circoli, che costituiscono la base della piramide, eleggono un segretario ma non una segreteria, prevista solo qualora il circolo abbia più di cento iscritti.
Il partito che noi immaginiamo è invece un partito che pur non rinunciando alla indispensabile verticalità, non penalizza ma garantisce e valorizza la rappresentanza territoriale e riorganizza in modo strategico la propria presenza sul territorio con la istituzione di nuovi organismi intermedi tra i circoli e le Federazioni provinciali.
È un partito che avvicina gli iscritti ai dirigenti, prevedendo la elezione diretta, attraverso una o più liste elettorali, dei membri degli organismi dirigenti provinciali e regionali;
che valorizza la rappresentanza delle idee con i gruppi tematici e con i circoli del lavoro garantendo loro una rappresentanza negli organismi dirigenti;
che prescrive la adozione di strumenti programmatici vincolanti (i programmi strategici di area) dettando i tempi e le modalità di partecipazione di iscritti e non iscritti alla elaborazione degli stessi;
che stabilisce in modo inequivoco la incompatibilità tra cariche elettive nel partito e incarichi amministrativi e istituzionali;
che fa eleggere i leader dagli organismi dirigenti e non gli organismi dirigenti dai leader.
I principi organizzativi
Il partito a cui pensiamo è un partito costruito sulla base dei seguenti principi organizzativi:
1) la valorizzazione della dimensione locale dell’agire politico attraverso una presenza il più possibile diffusa delle unità territoriali di base del partito ma organizzata per aree territoriali strategiche introducendo organizzazioni territoriali intermedie rispetto al livello provinciale/metropolitano
2) la promozione di una adeguata rappresentanza di quadri dirigenti locali in tutti i livelli della organizzazione territoriale del partito attraverso un sistema di “quote garantite”
3) la “elezione diretta” dei quadri dirigenti locali, provinciali e regionali, da parte delle rispettive basi elettorali anziché dalla platea dei delegati alle assise congressuali
4) la valorizzazione, attraverso la creazione di circoli nei luoghi di lavoro, delle esperienze, delle competenze, del punto di vista del mondo del lavoro all’interno del partito, cui offrire adeguata rappresentanza all’interno degli organismi dirigenti del partito
5) la promozione di gruppi di interesse tematici su scala locale e nazionale, cui garantire adeguata rappresentanza all’interno degli organismi dirigenti del partito
6) la piena partecipazione e il massimo coinvolgimento dei militanti e dei simpatizzanti, degli esperti e degli intellettuali, nella elaborazione della linea politica del partito
7) la leadership come espressione di un gruppo dirigente e non viceversa gruppi dirigenti come espressione di leadership elette in modo plebiscitario
8) la salvaguardia della autonomia politica del partito rispetto alla azione amministrativa dei propri eletti al governo, in tutti i livelli della amministrazione pubblica e viceversa
Il percorso che proponiamo
Ai sensi dell’art. 24 dello statuto vigente qualunque struttura organizzativa, anche un singolo circolo, può proporre alla Segreteria nazionale proposte di modifica statutaria che la segreteria esamina e sottopone, con parere motivato, alla approvazione della Assemblea nazionale.
Al fine di elaborare una proposta quanto più condivisa e soddisfacente possibilechiediamo che, entro il 31 ottobre 2019, sia convocata l’Assemblea nazionale per decidere sulle proposte di riforma dello statuto vigente presentate ai sensi dell’art. 24 dello statuto.
Questo termine ci consente sia di concentrare le nostre forze sulle scadenze elettorali imminenti sia, dopo le elezioni, di garantire una ampia fase di discussione e di circolazione delle idee sulla questione, non più rinviabile, della forma partito.
Auspichiamo pertanto che subito dopo le elezioni europee vengano attivati dalle segreterie regionali dei Forum regionali sulla forma partito, quali luoghi di confronto, approfondimento ed elaborazione di proposte.
Consideriamo altresì indispensabile che le proposte pervenute alla Segreteria nazionale siano rese pubbliche sul sito web nazionale del partito, attraverso la creazione di un “topic” ad hoc.
Chiediamo infine che nel mese di settembre 2019 venga organizzata una conferenza organizzativa nazionale sulla forma partito propedeutica alla convocazione nel mese di ottobre della assemblea nazionale che deciderà sulle proposte di riforma dello statuto nel frattempo pervenute alla Segreteria nazionale.
*Il presente documento non fa parte dell’ordine del giorno presentato alla Presidenza della Assemblea. Tale documento viene distribuito ai delegati al solo scopo di illustrare le ragioni di massima che hanno indotto i promotori a richiedere che il partito, per decisione dell’Assemblea nazionale, si impegni a realizzare il percorso proposto nell’ordine del giorno. Di conseguenza, l’eventuale voto favorevole dei delegati alla approvazione dell’ordine del giorno non comporta in alcun modo la condivisione alla lettera delle considerazioni svolte nell’allegato.