Roma: il documento approvato dall’assemblea di LeU del VII Municipio

Roma

Dopo quasi un anno di agonia è ormai chiaro il fallimento del progetto di Liberi e Uguali. Non stiamo qui ad attribuire responsabilità o a cercare colpevoli. Ma di certo i gruppi dirigenti delle formazioni della sinistra italiana hanno dimostrato, nel loro complesso, una notevole dote di miopia. Si è preferito coltivare orti ormai aridi piuttosto che cercare nuovi terreni ancora da esplorare.

Noi, che siamo tra quelli che fin dall’inizio avevano aderito con entusiasmo a Leu, non possiamo che prenderne atto con rammarico, ma adesso è il momento di andare avanti, altrimenti si rischia di essere come gli ultimi giapponesi asserragliati su un isolotto sperduto.

Al contrario, c’è bisogno di stare in campo, di uscire dall’equivoco di una sinistra del tutto autoreferenziale che pur capendo che bisogna uscire dalla trappola del neoliberismo stenta a tornare nel suo campo di azione naturale. Quello dei diritti sociali, della di difesa della Sanità pubblica, della scuola. Quello del lavoro. In una parola, il campo socialista.

Questa è la necessità che fin dall’inizio abbiamo evidenziato: non un mero raggruppamento elettorale, ma neanche una forza che si dice genericamente di sinistra. Gli elettori, ormai è dimostrato ampiamente dai fatti, non gradiscono formazioni politiche che si danno come unico orizzonte quello delle prossime elezioni. Ci permettiamo di segnalare come la stessa parola sinistra, nelle coscienze degli italiani, si sia consumata. Non rappresenta più quella speranza, quella voglia di riscatto, su cui per decenni abbiamo contato. Una sorta di rendita di posizione che ci arrivava dal secolo scorso ma che abbiamo speso nella vana rincorsa di una globalizzazione che in gran parte del mondo ha portato i ricchi a esserlo ancora di più, i deboli a perdere anche quelle tutele che avevano conquistato con le lotte del ‘900.

Le nuove generazioni, in Italia ma anche in buona parte dell’Europa, non riconoscono più le nostre bandiere. E’ ora che ridiventino “stracci” in mano ai deboli, non vessilli lucidi appesi soltanto in qualche sede istituzionale. E’ ora che tornino in campo le idee del socialismo che sono forse ancora più attuali che in passato se le aggiorniamo con le nuove sfide ecologiste e le battaglie delle donne.

Sogniamo ancora e forse più di prima una società differente, che superi il modello di produzione capitalista. Un modello di produzione che non soltanto rappresenta lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, ma che, drammaticamente, sta diventando addirittura incompatibile con la sopravvivenza stessa della nostra specie. E quindi socialisti ed ecologisti. Un binomio che non possiamo più scindere.

Al tempo stesso la società che vogliamo non può che ripartire dalle lotte delle donne. Perché spesso ci hanno indicato con largo anticipo la strada da seguire. E se non combattiamo la violenza e lo sfruttamento di genere non saremo in grado di costruire quel mondo solidale che immaginiamo.

Abbiamo seguito con attenzione tutti i vari tentativi in atto di ricostruire una casa della sinistra. E francamente percepiamo la debolezza di ognuno. Pensavamo che da tante debolezze potesse nascere una forza, ci eravamo illusi. Ma non vogliamo arrenderci. Per questo porteremo la nostra passione e le nostre idee nella forza ecosocialista lanciata lo scorso 16 dicembre con l’assemblea “Ricostruzione”. Perché, pur con limiti e ritardi evidenti, si tratta dell’unico progetto che racchiude in sé i valori e le battaglie che immaginiamo necessarie.

La nostra passione, dicevamo, ma anche le nostre idee, i temi su cui abbiamo ragionato in questi mesi. E allora nel nuovo partito porteremo la necessità di costruire una forza autonoma, in grado di dare rappresentanza ai lavoratori, aperta al confronto con la società. Una forza che non si impicchi al prossimo appuntamento elettorale, non aderisca acriticamente a un contenitore informe come quelli che si stanno delineando per le prossime elezioni europee. Serve una proposta per battere la destra. E questa proposta non può che essere quella dei socialisti. Una proposta al tempo stesso radicale e di governo. Per superare l’Europa delle oligarchie e costruire l’Europa dei popoli.

E così allo stesso modo, vogliamo costruire un partito che sia anche ”fisicamente” nelle città, con le sue sedi e una presenza costante in tutti i luoghi del conflitto. Un partito che sta pienamente dentro la rivoluzione della comunicazione, ma non la sostituisce al confronto reale. Un partito che sia social senza che ne diventi dipendente.

Per questo costituiamo fin da ora il “Comitato ecosocialista Roma 7”, con un coordinamento provvisorio votato dall’assemblea di tutti gli aderenti, per avviare da subito l’iniziativa politica su temi sia locali che nazionale e il confronto con sindacati e associazioni locali.

Crediamo che questo processo debba avvenire in tutti i territori, in maniera che, per una volta, la spinta “dal basso” vada nello stesso senso delle indicazioni del gruppo dirigente. Perché se è vero che i partiti non si creano soltanto a partire dal basso, è anche vero che senza una condivisione e una partecipazione diffusa non si va da nessuna parte. I soldati avranno anche bisogno di generali, ma i generali senza esercito sono davvero poca cosa.