Il fallimento delle proposte politiche che abbiamo sperimentato negli ultimi anni hanno reso evidente la loro inadeguatezza dal punto di vista del consenso. Evidentemente non siamo stati capaci di proporre soluzioni in grado di attrarre l’entusiasmo degli elettori.
Dopo questi due anni di fatica crediamo di avere maturato l’idea che sia necessario abbandonare la strada della ricerca del consenso a tutti costi, anche annullandoci in liste che ci confondono con altre linee politiche ma che sia necessario lavorare seriamente sulla nostra identità.
Pensiamo anche che occorra la ricerca di una rilettura veramente innovativa del mondo che possa diventare nel tempo profondamente attrattiva perché rivoluzionaria.
La proposta del forum donne regione Veneto è quella di cominciare dall’analisi delle relazioni sociali e di classe alla luce di una nuova prospettiva, quella femminista, abbandonando l’illusione che questo approccio riguardi solo le donne, esso riguarda tutte le dinamiche sociali a qualunque livello.
Solo cominciando a destrutturare la società costruita su relazioni di sfruttamento, che sono a fondamento delle economie neoliberiste, possiamo diventare realmente rivoluzionari/e e provare ad offrire una nuova visione del mondo e della sua possibile evoluzione.
Le relazioni di sfruttamento vengono traslate su tutte le dimensioni del vivere, nel rapporto tra generi, con la natura, tra classi sociali, intergenerazionali.
E se la destra rappresenta l’espressione politica di questa struttura sociale, dove ogni possibile esercizio della libertà è basato sul possesso o meno della ricchezza, la sinistra deve chiaramente e fermamente posizionarsi nel suo opposto, nella lotta contro le disuguaglianze per una vera giustizia sociale.
Ma se non modifichiamo i rapporti tra generi difficilmente potremo modificare l’intimo rapporto ad ogni livello anche quello verso la natura, il lavoro, la distribuzione più equa dei beni. La libertà della donna dalle relazioni sociali a quelle parentali, è il punto di partenza per una società libera e giusta.
Noi donne femministe per prime desideriamo superare questo modello in cui il potere si connota per essere una continua lotta tra chi lo ha conquistato e quindi è preoccupato di mantenerlo e chi lo ha perso ed è preoccupato di riconquistarlo in un’eterna battaglia concorrenziale, assolutamente distante da ogni forma di cooperazione.
In questo schema, la libertà di qualunque parte sociale più debole socialmente è a rischio e anche chi raggiunge posizioni di rilievo lo fa accettando le regole del gioco.
Proviamo allora ad immaginare un altro modello di potere. Non vogliamo invertire la piramide perché non faremmo altro che perpetuare il modello oppressivo in essere, ma vogliamo pensare ad un modo diverso di organizzare la società e i suoi rapporti di forza. E questo va fatto in alleanza con gli uomini che dovrebbero comprenderne la visione innovativa, la forza prorompente, cioè i vantaggi di un sistema che adotta il metodo della cooperazione, del confronto, della condivisione in rete, dell’organizzazione paritaria.
Il femminismo insomma è una visione del mondo, dell’organizzazione economica e dei rapporti sociali.
Il femminismo ha bisogno del gruppo che insieme accompagni i processi di cambiamento in un costante interscambio nelle posizioni di rappresentanza, perché queste sono funzionali all’espressione della collettività rappresentata.
La presenza di donne e uomini nei luoghi delle decisioni deve essere sentita come una necessità primaria e insopprimibile e non come una concessione.
Le P.O. hanno rappresentato un passaggio importante ma insufficiente e le donne che entrano nel sistema decisionale rischiano di essere poco incisive.
Pensiamo che una proposta innovativa da offrire anche all’esterno possa partire proprio da qui, da una diversa organizzazione di partito che si apra totalmente alla partecipazione non solo femminile ma di tutte le aree che rappresentano la disuguaglianza oggi e che noi donne intersechiamo continuamente, per renderle parti attive della costruzione delle idee.
Occorre, dunque, mettere in discussione l’organizzazione sociale a partire dalla condizione delle donne che riassumono in sé molte forme di oppressione su vari livelli (disoccupazione o occupazione precaria, debolezza economica, multiculturalità, comportamenti sessuali diversi da quelli tradizionali …) che vanno riletti come effetti di una convivenza basata sulla disuguaglianza effettiva e che trova, nel suo mantenimento, linfa per crescere e rinforzarsi.
Cominciamo a ragionare sull’abolizione degli incarichi monocratici ed introduciamo il sistema della doppia rappresentanza a tutti i livelli decisionali (un uomo e una donna) e la regola dell’interscambio ai livelli di rappresentanza ogni due anni.
Recuperiamo il rapporto con i giovani proponendo loro un diverso modo di fare politica nel quale sia possibile dare il proprio effettivo contributo proprio grazie all’alternanza, lasciamo loro tutti gli spazi espressivi possibili. Non c’è rivoluzione senza femminismo, non c’è femminismo senza rivoluzione.