Forum donne Veneto: approvare il ddl Zan al Senato così com’è

Veneto

La paura predomina e cerca, come sempre, coperture razionali per nascondere la propria vera natura: il non riuscire a riconoscere la bellezza della diversità, la ricchezza dei rapporti tra esseri umani.

È questo che il Disegno di Legge “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”, il tanto temuto DDL Zan, ha fatto emergere ancora una volta: l’istinto primordiale ed irrazionale che ci porta a scontrarci gli uni contro gli altri nel tentativo di proteggere se stessi. Questo anche quando non c’è davvero nulla che venga messo in pericolo.

Eppure, persone che sentono di appartenere a categorie “minacciate” dal DDL si arrogano il diritto di mantenere e rafforzare gli ostacoli, gli stereotipi, i pregiudizi, le idee discusse fino alla morte e confutate da tutti, di porre in atto pensieri e barriere verso altri esseri umani, sotto l’ombrello di garantire la libertà di parola e il diritto ad esprimere il proprio pensiero. Si creano e definiscono recinti identitari che creano uguaglianze e diseguaglianze irreali sui corpi e sulle vite delle altre persone.

Questo è ciò che sta accadendo nella discussione sul DDL in questione.

Le osservazioni e le obiezioni contro questo provvedimento –quelle che lo giudicano troppo innovativo e stravolgente per la nostra realtà, ovviamente- sottendono a paure che superano qualunque steccato ideologico e di appartenenza politica, perché toccano aspetti culturali ancora fin troppo radicati nella nostra società italiana nonostante si tratti di argomentazioni per lo più labili e fuorvianti.

Alcune organizzazioni femministe e persino LGBT+ escludenti, arroccate su tali argomentazioni, oltre a procurare danni alla visione aperta ed inclusiva che dovrebbe essere propria della sinistra, del movimento femminista e della comunità, aprono spazio a filoni della destra regressiva, gli stessi filoni da loro stessi in altri momenti fortemente combattuti quando si trattava di difendere i diritti delle donne. Questo clima di guerra tra poveri crea un fronte comune pericolosissimo, che va a discapito della battaglia per il perseguimento dei diritti di ogni essere umano, anche di quelli di chi ora si nasconde dietro la difesa della libertà di parola, convinti che riconoscere l’esistenza e dare una garanzia infinitesimale a chi ancora non ce l’ha implichi togliere qualcosa a loro.

Eppure, anni di studi antropologici e sociologici hanno determinato che l’unico che ci guadagna dal mantenimento dello status quo è il sistema di potere dominante, nel nostro caso quello patriarcale. Stranamente, proprio quello stesso sistema che, oltre a togliere potenzialità di crescita e indipendenza al genere femminile e a coloro che non rispettano i canoni che intende propagandare, instillano nella testa di quelle stesse persone discriminate l’idea che loro un ruolo in questa società ce l’hanno, un ruolo speciale che solo loro possono occupare. Che importa che quel ruolo certifichi la propria sottomissione. È un ruolo conosciuto, che va difeso, finendo per ingrassare una volta di più quel sistema patriarcale che invece unendoci e facendo fronte comune si potrebbe perlomeno scalfire. E invece siamo sempre al punto di partenza: donne contro donne, donne contro comunità, comunità contro comunità, nell’eterno dividi et impera che fa il gioco di chi ha il comando.

Eterno perché non serviva il DDL Zan per avere un vero dibattito, anzi, il vero dibatto sui contenuti dal DDL Zan si è concluso da tempo e dentro e fuori l’Italia è già realtà. Fuori dell’Italia, è già legge. Nel nostro paese si parla di una legge contro l’omotrasfobia da almeno 25 anni e tale normativa è presente già in moltissimi paesi sia europei (Belgio, Francia, Svezia, Spagna, Portogallo, Grecia, Finlandia, Croazia, Malta, Irlanda e perfino in Ungheria) sia fuori dall’Europa (Regno Unito, Norvegia…). In quale di questi paesi il diritto di parola, di espressione di sé e l’integrità del genere femminile hanno smesso di esistere? Sulla questione di genere, poi, avrebbe dovuto smettere di esistere già da tempo persino in Italia, essendo parte dell’Europa e di organismi che quella definizione già hanno acquisito e ratificato da anni.

Se la paura è data dall’ignoranza, per combatterla basta leggere il testo della proposta di legge (12 pagine, 10 articoli) e comprendere che:

  • si intende “solo” mettere sullo stesso piano di gravità la discriminazione per orientamento sessuale, identità di genere, sesso, disabilità a quella razziale, etnica e religiosa, inserendo le nuove quattro categorie tra quelle già definite da tutelare penalmente (razziale, etnica e religiosa);
  • si prevedono una serie di azioni positive che puntano a prevenire i crimini d’odio oltre che reprimerli;
  • si bilancia la libertà di esprimere il proprio pensiero e la necessità di garantire comunque il rispetto della dignità umana e dell’uguaglianza di tutti i cittadini, a prescindere dalle caratteristiche personali e sociali.

Quello che ci dice è che non sono solo le azioni a ferire e – in troppi casi – ad uccidere, ma anche le parole. E i silenzi, specie quelli delle istituzioni e di tutte quelle persone che hanno la possibilità di dire che sì, il DDL va cambiato, ma per metterci qualcosa in più non in meno.

Anche alcune tipologie di dibattito però uccidono, specie se sterili, superate e viziate da evidenti lacune di comprensione del decreto e delle conseguenze delle scelte legislative sulle vite delle persone, come già avvenuto durante i dibattiti parlamentari che hanno visto protagonista un’altra legge smembrata e svilita rispetto al suo obiettivo originale, la cosiddetta legge Cirinnà.

All’epoca, le barricate erette al grido di “proteggiamo i bambini e il matrimonio” hanno privato una comunità intera dell’occasione di avere un diritto in più, e tanti bambini della possibilità di essere protetti e tutelati. Ora, il dilemma è sul diritto di chiamare un ragazzino “frocio” e sul dramma di definire l’identità di genere così com’è, millantando la scomparsa del genere maschile e femminile se solo si osa mettere nero su bianco l’esistenza di un’opzione non strettamente binaria. Di base si nega ciò che esiste di fatto da sempre, per mantenere il proprio diritto a non vedere, finendo per rendere invisibile e debole l’essere umano “fuori dai binari” prescrittivi. Per mantenere il proprio diritto di vivere in un mondo che non è mai esistito ma da sicurezze, si feriscono e si fanno sparire intere declinazioni diverse del percepire la propria identità.

Così è l’identità di genere secondo quanto riportato nel DDL: “L’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”. Che diritti può togliere una frase tanto scarna da sfiorare l’ovvio?

È tempo di schierarsi. Di fronte ai movimenti che chiedono di snaturarlo, di fronte alle ingerenze della Chiesa, di fronte ad una destra rozza che dimostra di essere ormai lontana dalle lotte per le libertà individuali che pure l’hanno caratterizzata, di fronte ad una sinistra “fratello maggiore” pavida e pronta a scendere a compromessi su qualcosa che è già troppo poco. Per questo il Forum donne Veneto ha deciso di schierarsi, sostenendo i principi, le finalità e i contenuti del DDL Zan così com’è stato proposto.

Se è doveroso il confronto nel merito, è altrettanto importante evitare l’ostruzionismo che si sta manifestando in sede di commissione, finalizzato non a migliorare il testo ma a bloccarlo all’infinito. Allo stesso modo è fondamentale evitare le strumentalizzazioni e di farsi strumentalizzare, dicendo di voler migliorare il testo solo per eliminare quelle poche – ma importanti – novità che il DDL riuscirebbe a determinare.

Chiediamo con determinazione che tale proposta sia quanto prima portata alla discussione in Senato e che venga portata a temine dell’iter di approvazione. Così com’è o foriero di più diritti.

 

 

Forum donne Veneto

 

Catrini Delizia

Elena paolizzi

Irene Salieri

Sara Quaglia

Anita Fiorentino

Nadia De Lorenzi

Giuliano Giovannini

Dina Merlo

Laura Bassi

Simona Barbi

Laura Tuveri

Odette Mbuyi

Mabel Malijan