Articolo Uno Veneto: Zaia inventa due Veneto e non governa quello vero

Veneto

C’era una volta – ma anche ai nostri giorni – una regione nel nord est della penisola italiana che in realtà erano tre. Per comodità le chiameremo Veneto Uno, Veneto Due e il Veneto Vero.

Veneto Uno era una ricca regione in cui non esisteva la povertà, e per questa ragione il suo governo non aveva bisogno di emanare leggi particolari a sua tutela in gran fretta come le altre. Quanto questo fu deciso, era una cifra molto modesta, perché lo Zar era consapevole che i cittadini di Veneto Uno potevano arrangiarsi. Non per nulla aveva tolto l’addizionale IRPEF, che alla regione non servivano soldi in più. In Veneto Uno tutti rispettavano le leggi nazionali e questo era sufficiente per velocizzare il decorso della terribile pandemia che affliggeva il mondo di quei tempi. Veneto Uno non aveva problemi a fermarsi per quel poco tempo che gli serviva per guarire, perché sapeva di non essere come i cinesi, che mangiavano topi vivi, e nemmeno come i meridionali, che non arieggiavano mai casa loro. La sanità era completamente pubblica, e tutto funzionava come comandava lo zar e per ordine dello zar, ché se qualcosa non funzionava era colpa del governo di Roma.

Veneto Due invece era una regione fatta di abitanti furbetti che occupavano abusivamente case popolari e facevano jogging lontano da casa loro, mettendo a rischio la tenuta precaria della regione in piena pandemia. Era anche pieno di immigrati che rubavano il lavoro e la casa ai Veneti Veneti – certificati da almeno cinque anni!! – tranne quando servivano alle aziende industriali e agricole come manodopera a basso costo. Spinto dalla disperazione e dalla preoccupazione, lo Zar di Veneto Due non poté far altro che limitare la possibilità di muoversi nei pressi della propria abitazione a 200 metri – contro il parere della cattiva OMS in combutta con il governo vago e cattivo di Roma, che aveva come unico obiettivo distruggere l’economia della povera regione veneta. Ordinò pure per disperazione l’obbligo di portare mascherine ovunque – qualsiasi tipo di mascherina, perché un tipo di protezione vale l’altro – e anche di utilizzare guanti – nonostante fossero stati giudicanti controproducenti sempre dall’OMS cattiva. Non avendo abbastanza tamponi, lo Zar di Veneto Due dovette puntare sui test sierologici – per quanto non fossero sicuri – facendoli pagare 60 euro agli operatori delle RSA o 48 euro al centro medicina. Tutto questo nonostante aver promesso tamponi a tutti anche per strada gratuiti, cosa che mai fu fatta perché si erano scordati di ordinare il reagente. Ricevuto un uovo in dono, lo Zar fu costretto a metterlo all’asta, perché in regione non c’erano soldi per aiutare tutti e – per quanto fossero stati molti – i soldi delle donazioni non sarebbero bastati a coprire tutte le necessità della regione.

Veneto Uno era pronto alla ripartenza, mentre Veneto Due aveva ancora troppe macchine per strada il giorno di Pasqua. Veneto Uno poteva doveva votare per le regionali a luglio – visto che stava bene ma poteva ritornare il picco della pandemia in autunno -, mentre Veneto Due doveva aspettare autunno inoltrato per le amministrative perché era ancora troppo presto per la ripartenza. Lo Zar purtroppo, dovendo governare tutti e tre i Veneti, si trovava spesso a fare propaganda di Veneto Uno durante le trasmissioni televisive di Veneto Due, e a fare propaganda di Veneto Due durante le trasmissioni di Veneto Uno.

Chi veniva sovente dimenticato era però Veneto Vero, regione che non era né Veneto Uno né Veneto Due. Veneto vero era una regione come tante, forse un po’ più laboriosa e taciturna delle altre, a meno che non si trattasse di bere un bicchiere con gli amici al bar. Veneto Vero aveva recepito da subito le direttive del Ministero della Sanità a Roma e prontamente si era attrezzata per fronteggiare l’epidemia, mettendo da subito in pratica quello che le era stato suggerito di fare. Anche negli ospedali di Veneto Vero si cominciò fin da subito ad applicare i protocolli ministeriali, come l’uso dell’eparina 8000 a basso peso molecolare per evitare trombosi ai pazienti allettati. Approfittando una buona base sanitaria sopravvissuta a 20 anni di tagli e ristrutturazioni sanitarie che l’avevano depauperata, Veneto Vero e il suo personale sanitario riuscirono ad evitare che una situazione pessima si trasformasse in una tragedia. Veneto Vero aveva molti problemi da affrontare comunque, perché la sua giunta regionale inizialmente immaginava la pandemia potesse essere meno grave del previsto: tardi sono arrivati i tamponi al personale sanitario – inizialmente negati perché costosi – e molte RSA sono state lasciate sole a loro stesse, con un via vai di gente e personale medico non controllato che ha causato l’esplosione di focolai prevenibili.

Veneto Vero non era un eroe e il suo zar non era il campione che per primo aveva capito tutto al contrario del governo, Veneto Vero era una regione alla quale erano state date indicazioni e da subito aveva cercato di metterle in pratica, anche se con significative titubanze. Veneto Vero non era nemmeno un covo di briganti, era una regione di persone vittime di informazioni discordanti che venivano da troppe fonti diverse per essere digerite. Se inizialmente la voce del suo zar, infatti, era uguale a quella del governo, poi il suo zar cominciò non solo a dire il contrario del governo ma anche a dire il contrario di quanto aveva detto lui stesso il giorno prima, e poi ancora il contrario del se stesso di Veneto Uno e il contrario di se stesso del Veneto Due. Chi non aveva più parola, alla fine della pandemia, erano i familiari di tutti i morti e chi era sopravvissuto al virus.

Veneto Vero era una regione in cui le donne non denunciavano le violenze, il tasso di obiezioni di coscienza era alto, la pillola per l’aborto farmacologico introvabile, i consultori depotenziati e i pro vita che attendevano le donne al varco prima di andare ad abortire, ma era anche una regione le cui donne subito si erano attrezzate per darsi sostegno, per lavorare in smartworking e anche per rinunciare alle ferie e lavorare doppi turni se occupate nelle mansioni sanitarie. Prima, per la carenza di personale all’interno degli ospedali, dovevano lavorare doppi turni, ma con l’arrivo della pandemia esattamente come i loro colleghi hanno accettato il carico di lavoro maggiorato, nonostante il lavoro di cura continuasse a gravare sulle loro spalle anche a casa. Tutto questo pur in assenza di protezioni idonee, o in presenza di indicazioni secondo le quali sarebbe bastato tenere l’unica mascherina in loro possesso in tasca due ore per sterilizzarla. Veneto Vero era fatto di uomini che si tagliavano lo stipendio e lavoravano 14 ore al giorno per il bene comune, perché in tanti anni in cui si era chiesto un aggiornamento tecnologico del mondo del lavoro e della scuola questo era sempre stato posticipato.

Dopo aver sentito per due mesi – e 10 anni – parlare di Veneto Uno e Veneto Due a seconda dell’utilità, sarebbe bene cominciare anche a parlare del Veneto Vero e a governarlo seriamente, perché c’è davvero tanto di più da dire. Non è necessario inventare due Veneto che non esistono, perché non parlare della realtà dei fatti non farà sparire i seri problemi di questa regione, come non servirà ad oscurarne i meriti.

 

Gabriele Scaramuzza – segretario regionale Articolo UNO Veneto

Deborah Marcon – Componente forum donne articolo uno Veneto