Articolo Uno Veneto: Zaia assicuri sicurezza, poi parli di fine lockdown

Veneto

Nel corso di una conferenza stampa un presidente di Regione può fare molte cose, per esempio chiarire come assicurare a chi già lavora o dovrà presto rientrare al lavoro in che modo la Regione si farà garante che siano rispettate le misure di sicurezza.

Oppure rispondere a che punto siamo con i tamponi, annunciati settimane fa per tutti, persino lungo le strade. Potrebbe poi spiegare quali azioni la Regione intende prendere per contribuire a rilanciare l’economia in Veneto e per dare aiuto alle categorie maggiormente colpite economicamente. Sono tante le cose di cui occuparsi e rispondere.

Ma il nostro preferisce, in tutta continuità con la propria storia, passata a recente, lanciare tanti strali, che, come piccoli fuochi d’artificio, fanno un ‘bel vedere’ sul momento, per poi lasciare solo un po’ di fumo. Tanto domani ci saranno nuovi fuochi.

Partiamo allora dal lockdown (chiusura): “Smettiamola con questa ipocrisia. Il lockdown almeno in Veneto non esiste più, perché di fatto già oggi il 60% delle aziende sta lavorando… bisogna prendere atto che già oggi molte aziende stanno lavorando. E allora dobbiamo mettere in sicurezza i lavoratori, per questo le aziende devono poter disporre dei dispositivi di sicurezza, mascherine e guanti”.

Siamo ancora in piena emergenza, il virus non è passato. Ciò che va assolutamente evitato è far passare l’idea che si possa allentare sull’attenzione, sulla vigilanza. Gli sforzi fatti finora andrebbero vanificati. Il rischio c’è ed è ancora alto. In troppi, a partire da Salvini e Meloni, invitando ad aprire le chiese per Pasqua, hanno contribuito a costruire questa falsa percezione di passato pericolo. Occorre, al contrario, lavorare ancora per mantenere alta l’attenzione e il senso di responsabilità per tutti. Le parole di Zaia a cosa mirano? Ad aprire tutto e subito, sostenendo che si devono mettere in sicurezza i lavoratori. Bene, prima dimostri che i lavoratori sono in sicurezza, poi parli di lockdown che non esiste più. E’ il governatore del Veneto e la responsabilità è sua.

Soprattutto è preoccupante come, nei fatti, Zaia sia stato fondamentalmente inerte di fronte alla riapertura silenziosa di tantissime – troppe – attività lavorative, grazie all’abuso del ricorso al silenzio assenso, semplicemente scaricando la responsabilità al governo, mentre avrebbe potuto utilizzare i propri poteri di ordinanza per assicurare al massimo la sicurezza dei lavoratori, valore assoluto da preservare a dispetto di ogni pressione economica.

Non si ferma qui Zaia, perché dopo un botto ne segue sempre un altro. E così si cimenta anche contro l’Europa “il dibattito è imbarazzante, vergognoso. L’Europa è latitante e spero che il governo non si accontenti di aver approvato il ‘Dl liquidità’, e vada a bussare decisamente in Europa che deve fare qualcosa, con l’emissione di titoli per l’emergenza o altri strumenti, ma non può far finta di nulla”. Bene, Zaia ha alzato il naso oltre le Alpi e ha visto l’Europa. E subito giù, con un gran contributo: peccato che non abbia trovato nemmeno due parole per quelli che siedono al Parlamento Europeo nello stesso gruppo della Lega e che sono proprio coloro, che in Europa hanno le posizioni più dure contro l’Italia e la richiesta di Eurobond.

Ma la coerenza è un concetto strano per chi un giorno dice che non si può chiudere Venezia, poi passa a prendersela coi Cinesi perché mangiano i topi vivi, si trasforma poi in oltranzista del  chiudere tutto, tutti in casa e guai a chi esce, per finire poi ad annunciare che il lockdown è già superato di fatto.

Ma non è finita, al prode non poteva mancare il consiglio al ministro Speranza e speriamo che sia  come cantava De André ‘la gente dà buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio’.

“Al ministro Speranza – ha detto Zaia – do il consiglio di lasciare il dibattito sulla patente di immunità al mondo scientifico, all’interno del quale oggi vi sono posizioni completamente diverse, in antitesi una con l’altra. Aspettiamo che si mettano d’accordo tra di loro”.

Ecco, questa l’ha detta Zaia, che il 1 aprile annunciava di avere acquistato 732.000 test rapidi. Se non fosse che il tema è molto serio e con serietà va affrontato, verrebbe da ridere. Ma stia tranquillo Zaia: il ministro la comunità scientifica l’ha sempre coinvolta e su essa ha basato le scelte.

E’ ora di lasciare da parte i fuochi, i botti e l’evidente ansia da prestazione pre-elettorale.

Si affronti l’emergenza virus, con l’obiettivo primo su tutti di fare il possibile per salvaguardare la salute e con l’obiettivo di lavorare per costruire il dopo.

Un dopo che dovrà scardinare i capisaldi stessi del modello Veneto leghista, basato su comitati d’affari che annaffiano giardini privati con soldi pubblici, su cannibalizzazione del territorio, su mobilità alla paralisi, su altissimi livelli di inquinamento e su privatizzazione della Sanità, con tagli alle strutture pubbliche, che ora pesano su tutti mostrando i limiti di una gestione che pone il business e non le persone e il territorio al centro del servizio pubblico.

 

Gabriele Scaramuzza – segretario regionale Articolo UNO Veneto

Delizia Catrini – segretaria provinciale Vicenza e coordinatrice forum donne Articolo UNO Veneto

Elena Paolizzi – segretaria provinciale Rovigo Articolo UNO

Sandro Quadrelli – segretario provinciale Rovigo Articolo UNO

Michele Seno – segretario provinciale Treviso Articolo UNO

Alessandro Tognon – segretario provinciale Padova Articolo UNO

Oscar Tosi – segretario provinciale Verona Articolo UNO

Gianluca Trabucco – segretario metropolitano Venezia Articolo UNO