Articolo Uno Lombardia: sulla salute Regione rimandata

Lombardia

Oggi la Regione Lombardia ha rese note le modifiche di ben 14 articoli su 34 della legge regionale 22/21. Di fronte ai rilievi dei Ministeri della Salute, dell’Economia e delle Finanze e della Giustizia, si è impegnata a portarle in Consiglio Regionale entro marzo, per evitare l’impugnazione della legge da parte del Governo.

L’annuncio è stato accompagnato da una cortina fumogena diffusa dal presidente Attilio Fontana, da Letizia Moratti e da vari esponenti della maggioranza di centrodestra. L’assessore ha cercato di sminuire la portata dei cambiamenti, che saranno costretti a portare in Consiglio, derubricandoli a mere modifiche tecnico-formali o lessicali. Gli atti e i documenti parlano chiaro, è vero il contrario, ci sono cambiamenti sostanziali che sarà difficile occultare.

Intanto è bene ricordare che la legge 22 si è resa necessaria dopo la bocciatura della legge 23/15. Se si considerano le modifiche imposte dal governo già nella prima stesura della legge a quelle che verranno apportate ora, ne risulta una revisione del cosiddetto ‘modello lombardo’ che non solo azzera la legge Maroni, ma si riallinea sostanzialmente alla legislazione nazionale, rivedendo anche il modello introdotto da Formigoni con la legge 31 del 97. Come scrive la Regione nei chiarimenti inviati al governo, le ASST saranno equiparabili alle USSL: ‘Con la legge regionale n. 22/2021, in completa aderenza a quanto richiesto dal Ministero della Salute, si è provveduto a completare tale percorso disegnando di fatto la ASST in completa coerenza con quanto previsto dall’articolo 3 del decreto legislativo n. 502/1992′. Va poi sottolineato un altro aspetto rilevante, che attiene alla programmazione ed al governo del SSR. Riguarda l’art. 20 che verrà modificato portando in capo alla Regione, le autorizzazioni, gli accreditamenti e la contrattazione con gli erogatori privati, che nella prima versione erano delegate alle ATS, che di fatto rimangono dei bracci operativi dell’assessorato sui territori.

E’ poi importante sottolineare come sia la stessa Regione ad affermare che: ‘Le case di comunità e gli ospedali di comunità, sono le strutture previste dal PNNR, cosi come indicato espressamente all’art. 7, comma 3. Tali strutture si inseriscono nel complesso sistema sanitario ed opereranno nel rispetto della vigente normativa di riferimento e della missione 6 del PNRR. Fermo restando che, in coerenza con quanto previsto dal PNRR, le Case di Comunità saranno strutture fisiche in cui opereranno team multidisciplinari di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici specialistici, infermieri di comunità ed altri professionisti al fine di rispondere in modo completo ed adeguato ai bisogni della popolazione’.

La conseguenza è che La Regione deve fare ad esempio una veloce retromarcia sulla previsione, che verrà cassata, di affidare la gestione delle case di comunità ai MMG, che svolgeranno le loro funzioni anche all’interno delle CdC, come i PLS, gli specialisti, gli infermieri di Comunità e il complesso team multidisciplinare che andrà attivato per garantirsi i finanziamenti europei, come dovrà cambiare la norma sulle figure che dovranno dirigere i distretti.

Ovviamente rimangono ancora numerose pecche e incongruenze nella legge, che riguardano il fatto che le ASST non sono disegnate su territori omogenei ma confezionate attorno alla rete ospedaliera pubblica, che la Prevenzione è spezzettata in 35 aziende oltre ai dipartimenti veterinari, che sono rinviate sine die il riconoscimento dell’autonomia a diverse Aziende Ospedaliere che ne hanno già tutte le caratteristiche.

Così una nota di Articolo Uno Regione Lombardia