La protesta del mondo della scuola, culminata ieri 30 maggio in uno sciopero nazionale, portata avanti unitariamente da CGIL, CISL, UIL, SNALS, GILDA, a cui si è aggiunta l’Anief, ha diritto a ricevere attenzione, nei fatti e non solo a parole, dalle forze di sinistra e progressiste, nel parlamento, nel paese. Bene i comunicati dei responsabili Scuola del PD e di Articolo Uno, le dichiarazioni critiche nei confronti del governo su questi temi da parte di alcuni esponenti 5S. Il DL 36, uno dei punti maggiormente critici, complica l’accesso all’insegnamento e interviene sulla formazione che dovrebbe essere invece regolata tra le parti. Ma non solo. Gli insegnanti rivendicano un significativo aumento degli stipendi, con il rinnovo del contratto, ormai fermo da quasi 4 anni (e gli aumenti da concedere sono per lo meno dell’ordine di 600 euro/mese, di cui pure tempo fa parlò il ministro Bianchi, e non ridicoli ed offensivi 50 euro!). E riteniamo che si debba finalmente fare in modo, un anno sì e uno no, che si bandiscano e poi si effettuino in tempo, i concorsi per reclutare e immettere nei ruoli nuovi insegnanti; e non per 30 o 60 mila, ma almeno 300.000 o 400.000 nuovi posti (certo, programmati in un limitato ma ragionevole lasso di tempo, 6-8 anni), per risolvere il problema delle classi pollaio, per garantire sostegno vero a tutti gli studenti che ne hanno bisogno, eccetera.
Garantire, infine, una adeguata politica di edilizia scolastica, di costruzione di nuove strutture, e la manutenzione, straordinaria ed ordinaria, delle decine di migliaia di edifici scolastici, usando bene i fondi del NGEU, attraverso il Pnrr. Ma tenere distinte la costruzione di nuove scuole dalla assunzione di nuovi insegnanti (cioè usare i fondi Pnrr per nuove scuole, ma non per nuovo personale: i trovi un modo per risolvere il problema!), non ha alcun senso. E finalmente cominciare a ridurre il gap Sud-Nord, aumentando ancora di più insegnanti e personale ATA in modo da consentire, ad esempio, il tempo pieno nella maggior parte delle scuole possibile. In Campania, Puglia e Sicilia, ad esempio, ci sono le maggiori carenze in termini di personale della scuola primaria (bisognerebbe assumere 4700 nuovi insegnanti solo per queste 3 regioni, e solo per raggiungere la media italiana di tempo pieno). Mentre in quasi tutto il Centro-Nord (escluso il Veneto, ma di poco) il numero di insegnanti è superiore alla media nazionale.
Ricordando infine che spesso in molte zone del Mezzogiorno la Scuola è, fisicamente e culturalmente, un baluardo a difesa della legalità e della democrazia.
Il ministro Speranza in CdM, i parlamentari di Articolo Uno alla Camera e al Senato, manifestino un dissenso esplicito e significativo, che sfoci anche in atti concreti, alla politica di Draghi-Franco-Bianchi, cercando, in piena lealtà, di spostare la politica del governo su soluzioni adeguate alla gravità ed importanza della situazione scolastica.
Giuliano Laccetti, responsabile articolo UNO Campania per Scuola, Università, Ricerca.