Oggi Cuba è di nuovo sulle prime pagine di tutti i principali giornali internazionali, per un grande evento: la Rivoluzione di Fidel Castro, Ernesto ‘Che’ Guevara, Camilo Cienfuegos e del popolo di Cuba compie 60 anni. La sua storia, più di quella di altri Paesi, è fatta di grandi avvenimenti e di grandi personaggi (che sconfinano oltre la leggenda). Proviamo a ripercorrere, in quest’anniversario, la storia di Cuba e dal principio dei suoi rapporti molto complicati con gli Stati Uniti.
L’isola (in origine detta Juana) ha conosciuto tre fasi di storia coloniale: a dominarla prima fu la Spagna (1492-1762), poi la Gran Bretagna (1762-1763), quindi nuovamente la Spagna (1763-1898). Nella prima fase Cuba divenne il punto di snodo di tutto l’oro che i galeoni diretti a Siviglia caricavano nei Paesi del Centro e Sud America; nonché scenario delle scorribande dei corsari dei Caraibi. Nel 1762 una flotta di 62 navi inglesi assediò ed espugnò l’Avana, durante questo periodo fu incentivata la coltivazione della canna da zucchero. Il dominio durò solo 11 mesi, poiché con la fine della guerra dei Sette anni Cuba tornò agli spagnoli. In meno di un secolo l’isola caraibica divenne la prima produttrice di zucchero al mondo.
Attraverso tre guerre, Cuba diventò indipendente nel 1899. Le consegne dell’amministrazione coloniale non andarono ai guerriglieri locali (mambí) ma a John Brooke, generale degli Stati Uniti che erano intervenuti in aiuto degli insorti in nome di uno slogan coniato anni prima dal presidente Monroe: ‘L’America agli americani’. Proprio in questi anni si diffonde la canzone Guantanamera (la ragazza di Guantanamo) e si inizia a consumare il noto cocktail Cuba Libre.
I primi decenni dopo l’indipendenza di Cuba furono politicamente molto instabili e da questo momento gli Stati Uniti iniziarono a esercitare la propria azione su tutte le scelte dell’isola: appoggiando, a seconda delle situazioni e convenienze, governi democratici e dittatoriali.
Nel 1952, mentre cresceva l’influenza del Partito Socialista Popolare (PSP) e dei sindacati, Fulgencio Batista – tra gli autori già di un primo golpe nel 1933 – prese il potere e instaurò una dittatura in stretta alleanza con gli Stati Uniti.
La crisi economica degli anni Cinquanta, le politiche applicate e la corruzione fecero crescere l’opposizione al regime di Batista. In questa critica situazione il 26 luglio del 1953, a Santiago di Cuba, Fidel Castro, un giovane avvocato, capeggiò un assalto a la Caserma Moncada (importante base militare) senza successo. Castro, dopo aver scontato un periodo di detenzione, nel 1955 se ne andò da Cuba, per raggiungere il Messico dove progettò la rivoluzione. Rientrato clandestinamente a Cuba (sbarcato dallo yacht Granma, da cui trae il nome del giornale più diffuso e organo del Partito), iniziò la guerriglia insieme a un gruppo di compagni tra cui Ernesto Che Guevara, Raúl Castro e Camilo Cienfuegos. Il movimento crebbe sempre di più e ottenne una serie di vittorie contro l’esercito di Batista, quindi alla fine del 1958 il numero dei guerriglieri raggiunse le tremila unità arrivando a controllare l’est dell’isola (fase epica della lotta nella Sierra Maestra). Dopo l’attacco alla città di Santa Clara, nei primi giorni del 1959 arrivò la vittoria dei barbudos: la notte di capodanno Batista fuggì e due giorni dopo Che Guevara e Cienfuegos entrarono all’Avana e Castro a Santiago.
Nel 1961 Cuba venne dichiarata Stato socialista e Castro avviò una serie di riforme radicali, aprendo relazioni diplomatiche con l’URSS. Questo cambio di situazione fu inaccettabile per gli Stati Uniti, quindi si arrivò alla rottura delle relazioni diplomatiche: l’ambasciata americana a l’Avana venne chiusa, ci fu un fallimentare tentativo di invasione da parte di esuli cubani addestrati dalla CIA (invasión de Playa Girón) e iniziò l’embargo (il cosiddetto bloqueo, attualmente ancora in vigore) che costrinse Cuba a dipendere economicamente dall’URSS.
Nell’ottobre del 1962 l’insuccesso dell’invasione di esuli controrivoluzionari diede la sensazione ai vertici sovietici che il presidente Usa John Fitzgerald Kennedy fosse non particolarmente aggressivo. Quindi, Nikita Khrushchev, leader del Pcus e presidente del consiglio dei ministri dell’Unione Sovietica, decise di installare una batteria di missili nucleari a medio raggio sull’isola. Questa mossa avrebbe messo l’URSS in grado di colpire gli Stati Uniti con precisione e senza preavviso. Il 27 ottobre si giunse, dopo tredici giorni e a un passo dall’apocalisse nucleare, a un compromesso: gli Stati Uniti si impegnavano a rimuovere segretamente i loro missili nucleari da Turchia e Italia, mentre l’URSS avrebbe pubblicamente rimosso i suoi missili da Cuba e avrebbe accettato ispezioni ONU.
Negli anni Settanta il Partito Comunista Cubano (PCC, emerso dalla fusione del Movimiento 26 de Julio con il PSP) si consolidò al potere e confermò Castro primo segretario (il líder maximo). Nel 1976 fu approvata la nuova Costituzione e Castro fu eletto presidente del Consiglio di Stato e del nuovo Consiglio dei ministri. Dopo il 1989, con la fine della Guerra Fredda e l’implosione dell’URSS, Cuba rimase in una situazione di isolamento economico nello scacchiere internazionale e di grande crisi. Castro perciò proseguì con l’economia pianificata di stampo socialista: intensificò il ruolo dello Stato, nazionalizzò l’industria e collettivizzò l’agricoltura. Proseguì la repressione di ogni forma di dissenso politico e il controllo sull’informazione, il consenso rimase vasto grazie alle conquiste sociali realizzate dalla rivoluzione.
Durante gli anni Ottanta il presidente Jimmy Carter cercò di riprendere le relazioni con Cuba, ma poi Reagan e Bush scelsero di non proseguire in questo percorso. Negli anni Novanta iniziò a Cuba una fase di distensione nei confronti degli oppositori politici (anche papa Giovanni Paolo II effettuò una visita). Ci furono alleggerimenti al modello economico pianificato grazie a una legge che apriva quasi tutti i settori dell’economia anche alle imprese a capitale straniero. Gli Usa decisero di rivedere le sanzioni: venne tolto l’embargo sulla vendita di medicinali e generi alimentari. Questo favorì l’uscita di Cuba dall’isolamento.
Nel luglio del 2006 Fidel Castro si ritirò dalla vita politica lasciando la sua carica a suo fratello Raúl. Si aprì una fase di ulteriore apertura su più aspetti della vita dei cubani (ad esempio l’accesso a Internet, l’acquisto di elettrodomestici). Le piccole imprese sono cresciute di numero, sono aumentate alcune tipologie di salario, nuove licenze per alcune categorie professionali e la compravendita di auto e case.
Attualmente il presidente è Miguel Díaz-Canel, nato dopo la Rivoluzione del 1959. Infatti è cresciuto all’ombra dei fratelli Castro, e fin dal suo discorso di insediamento ha voluto marcare una forte continuità con quelli che sono i valori fondanti della rivoluzione cubana, precisando che la rivoluzione proseguirà il suo corso e ogni cambiamento sarà deciso dal popolo.
Proprio in questi giorni è in corso l’iter per varare la nuova Costituzione, che sarà posta a referendum popolare alla fine di febbraio. Il testo, discusso e analizzato dai deputati e arricchito dalle proposte della popolazione (mediante assemblee e riunioni), è costituito da 229 articoli, prevede il riferimento al comunismo che assieme al socialismo fornisce “la sola garanzia” mediante la quale l’essere umano raggiunge “la piena dignità”. Confermato lo Stato socialista di diritto come regolatore del mercato e della pianificazione dell’economia, che convive con la proprietà privata. Inalterato resta il ruolo guida della società da parte del Partito Comunista di Cuba (Pcc). Cassato, invece, l’articolo che ammetteva differenti modelli di famiglia tra cui il matrimonio gay (l’art. 18 trasformava il matrimonio da “istituzione tra un uomo e una donna” ad accordo tra due persone, permettendo il “matrimonio ugualitario”). L’articolo 18 era stato proposto da Mariela Castro, figlia minore di Raúl e direttrice di un organismo molto attivo nel promuovere i diritti Lgbt. Restano gli articoli sulla proprietà privata e della doppia cittadinanza, l’inclusione dei diritti sociali e la legalizzazione delle cooperative in tutti i settori come forme di produzione consentita.
La riforma costituzionale rafforza varie salvaguardie della società in materia di diritti umani, anche se ci sono zone d’ombra. Un fattore di complessità è sicuramente marcato dalla situazione economica e la relativa transizione al libero mercato. Le autorità dell’Isla Bonita dovranno tenere in considerazione i rapporti cangianti con gli Stati Uniti: il presidente democratico Barack Obama aveva aperto una nuova fase delle relazioni anche con una visita all’Avana nel 2016 (il primo presidente a mettere piede a Cuba dopo 88 anni), mentre sembra che l’attuale presidente repubblicano Donald Trump stia effettuando una torsione sul dialogo quasi a tornare al gelo della guerra fredda. Inoltre, il presidente Miguel Díaz-Canel dovrà probabilmente riconfigurare la rete di Paesi alleati che hanno contraddistinto l’era dei fratelli Castro (nel suo ultimo discorso ha fatto una sintesi del contesto internazionale affermando che è cresciuto l’egemonismo imperiale e si è indurito l’ingiusto e anacronistico blocco statunitense contro Cuba), rimodulando il dialogo con Russia, Cina, Spagna, Messico, Laos e ONU. Il ruolo di Cuba dovrà cambiare anche in funzione del fatto che il mondo intorno all’isola caraibica è mutato. Il sistema cubano si regge su di un assetto collaudato di partecipazione popolare, è quindi possibile esprimere un circostanziato ottimismo legato alla transizione futura anche con l’emergere di nuove e fresche forze positive. Fattori in tal senso sono l’assistenza sociale, il settore delle comunicazioni (esempio l’aumento di 700mila linee cellulari, e l’aumento degli accessi wi-fi), il turismo, il piano casa, il rafforzamento della credibilità finanziaria, parchi eolici e fotovoltaici, l’implementazione delle linee approvate nel VII Congresso del Pcc, la libertà nella creazione artistica (garantita anche dalla nuova Magna Carta).
Anni di sanzioni non hanno spinto i leader cubani a rivedere il loro comunismo in stile caraibico (sopravvissuto, tra l’alto, a quello sovietico che l’aveva ispirato). Perciò è importante favorire l’efficacia di gesti distensivi che possano essere forieri di mutamenti politici concreti. Infine, tutti i simboli dei 150 anni dall’inizio delle lotte per l’indipendenza e i 60 anni della Rivoluzione ci trasmettono e comunicano (come da tradizione) il carattere di Cuba e del suo popolo che della Rivoluzione non vuole nulla che la Rivoluzione non gli possa dare.