Si sta facendo strada tra le forze politiche che credono sia indispensabile porre un freno all’azione convulsa e pericolosa del Ministro degli Interni la convinzione che se la crisi approdasse a un governo con l’unico scopo di superare l’autunno e la legge finanziaria si rischierebbe di rendere a Salvini tutto intero il suo consenso e che invece sia necessario lavorare per costruire qualcosa di più solido, che vada oltre la scadenza di fine anno, che possa costituire un percorso di rinnovamento capace di chiudere e mettere ai margini questa orrenda stagione di odio e intolleranza.
Sono grandi e complesse le responsabilità in questa fase che coinvolgono il centrosinistra e segnatamente la sinistra dello schieramento progressista: ci vuole coraggio, ci vuole abilità tattica, ma soprattutto è necessaria una visione di lungo periodo perché la tattica fine a se stessa senza una strategia, senza idee di fondo, non porta da nessuna parte.
Si riuscisse a costruire e a far partire oggi un governo di legislatura con quelle che oggi sono le forze in campo certo non sarebbe il governo perfetto, ma sicuramente sarebbe il miglior governo possibile.
Sta alle forze del progresso e del vero cambiamento mettere in campo i contenuti e gli stimoli che possano far fare passi in avanti al Paese, farlo uscire dalla stagnazione che non è solo economica, ma è anche di cultura, di idee e di progetti.
Il campo progressista oggi è chiamato a un duplice compito, arginare e sconfiggere la destra più becera e mettere in terra i semi di una alternativa globale a un sistema che è dichiaratamente fallito, mettere al centro il lavoro, l’ambiente, la sicurezza del territorio, la lotta alle diseguaglianze.
Non è più tempo di schermaglie tra leader e leaderini, è tempo di guardare al futuro e allora si lavori per costruirla questa alternativa, senza avere paura dei passaggi obbligati che oggi sono inevitabili, si lavori per un nuovo governo che per prima cosa abolisca in toto il decreto sicurezza bis, riveda profondamente il reddito di cittadinanza, abolisca le norme peggiori del jobs act e affronti con risolutezza le centinaia di situazioni che mettono in discussione migliaia di posti di lavoro, rimetta nel dibattito la questione dello jus soli, renda al paese quello spirito di costruttiva e laboriosa solidarietà che lo ha fatto entrare nella seconda metà del secolo scorso a testa alta.
Per tutto questo è necessario un rinnovamento di parte della classe dirigente attuale e può passare solo attraverso la forza delle proposte che, lo sappiamo, non passeranno tutte, ma il coraggio di metterle sul tavolo lo si deve avere, ben sapendo che è ancora tempo di necessari compromessi che oggi sono indispensabili per mantenere vivo un assetto istituzionale che è sotto attacco, per piantare i semi e annaffiarli, curarli e proteggerli.