“Anche se non sarò in piazza, sostengo con forza il presidio e l’appello della Rete dei Centri antiviolenza promosso per oggi in Regione Lombardia contro le politiche della giunta Maroni che minano la libertà di azione di operatori e associazioni penalizzando di conseguenza le donne. La violenza di genere non accenna a diminuire, mentre l’autonomia d’azione ed economica dei Centri Antiviolenza viene sempre più limitata dalle scelte politiche che Regione Lombardia vuole imporre. Ho firmato anche la petizione promossa dalla rete su Change.org: il femminicidio e la violenza di genere sono un’emergenza nazionale che non accenna a rientrare. Gli unici strumenti che abbiamo per contrastarla sono i centri antiviolenza che operano sia culturalmente che a livello di sostegno per le vittime: le donne possano uscire dalla violenza scegliendo in autonomia come farlo, supportate da associazioni che rispettano e tutelano la riservatezza della storia riportata dalla donna e il suo anonimato, non la obbligano a una denuncia senza la garanzia di una sua sicurezza personale e la accompagnano rispettando la sua volontà, valorizzando le sue risorse e i suoi desideri, consentendole di raggiungere i suoi obiettivi», spiega il parlamentare, riprendendo il testo della petizione. «L’esperienza dei Centri Antiviolenza maturata in 30 anni di lavoro dimostra che l’anonimato delle donne e la segretezza delle loro storie porta un duplice risultato: le donne si aprono con fiducia e le loro vite non sono messe a rischio. La Regione Lombardia, imponendo ai Centri Antiviolenza la registrazione del codice fiscale delle donne, contrasta questa modalità di lavoro mettendo a rischio il rapporto di fiducia sul quale si basa tutto l’impianto dei centri antiviolenza. Una scelta miope e dannosa per noi inaccettabile”: lo dichiara in una nota il deputato di Mdp Franco Bordo.