Se davvero siamo sull’orlo del precipizio la parola d’ordine deve essere: fermatevi.
Una guerra nel cuore dell’Europa, a poche migliaia di chilometri dal confine nord orientale italiano, avrebbe conseguenze umane, economiche, sociali incalcolabili.
Finora il negoziato ha fallito, ma la strada maestra resta quella degli accordi del 2015 a Minsk.
Pensare che l’Ucraina divenga un avamposto della NATO a 650 km da Mosca è semplicemente una lettura fuori dalla storia.
Immaginare allo stesso tempo che torni ad essere un’area sotto lo stretto controllo russo sarebbe impensabile, perché violerebbe il principio non negoziabile dell’autodeterminazione.
L’integrità territoriale di Kiev non può essere messa in discussione.
Così come bisogna garantire il rispetto del principio dell’autonomia federale delle province a maggioranza russa in Ucraina del Doneck e Lugansk.
Se si esce da questi capisaldi del negoziato finisce male.
La principale vittima di una escalation militare sarebbe solo e soltanto l’Unione Europea, che fatica a uscire dalla tragedia della pandemia e a ridarsi un assetto politico e diplomatico degno di questo nome, in grado di far parlare le parti.
La via della distensione diplomatica resta l’unica praticabile e l’Italia deve muoversi in questo solco.
Lo ha dichiarato Arturo Scotto, coordinatore politico nazionale di Articolo Uno.