«Su Repubblica, oggi, un articolo sulla fuga dei cervelli soprattutto verso l’Europa, giovani laureati che vanno all’estero a lavorare.
È una perdita di intelligenze, formate in Italia, che riguarda tanti settori e anche il mondo della sanità.
Sono sempre più numerosi i giovani medici che vanno ad esercitare all’estero. L’ANAO, sindacato dei medici ospedalieri, fece sapere che nel 2014 erano più di 2300 con tendenza ad aumentare.
Nel frattempo crescono anche i giovani assunti che scelgono di fare l’extramoenia, cioè di non lavorare esclusivamente per il pubblico ma di volerlo fare contemporaneamente anche per un privato.
È questo un segnale inequivocabile di una crisi profonda del Servizio Sanitario Nazionale che pare interessi poco la politica.
Il contratto dei medici è ancora in alto mare e giustamente i sindacati hanno deciso lo sciopero del 23 novembre.
Gli stipendi sono fermi da dieci anni. L’indennità di esclusività non è mai stata aggiornata dal 1999. La libera professione è diventata in molti casi un modo per sopperire al blocco degli stipendi.
A tutto questo aggiungiamo i superticket di Tremonti e il fatto di avere favorito la sanità integrativa, anche con gli ultimi governi di centrosinistra, ed è evidente che è in corso una pericolosa tendenza alla privatizzazione della sanità che, se non venisse fermata, può diventare irreversibile e distruggere la più grande infrastruttura di solidarietà che abbiamo, la sanità pubblica del nostro Paese.
Io continuo a pensare che sono più che maturi i tempi per intervenire sul tema del rapporto di esclusività e spingere i medici a lavorare per la sanità pubblica in modo esclusivo con stipendi e riconoscimenti adeguati.
Voglio solo soffermarmi su un punto.
Un giovane medico quando viene assunto ha uno stipendio netto di 2300 euro al mese che per cinque anni è senza indennità di esclusività, anche se fa la scelta di lavorare esclusivamente per il pubblico. Alle spalle ha una storia di impegno e di sacrifici per lui e per la sua famiglia.
Chi è bravo e fortunato, e trova posto per la specializzazione, viene assunto dopo 6 anni di studi universitari rigorosissimi, più quattro, cinque anni di specializzazione.
È evidente che questo Paese prende a calci la meglio gioventù e che fa di tutto per spingerla a considerare la sanità pubblica un datore di lavoro ingiusto e miope.
Se poi un neoassunto lavora accanto ed è subordinato a chi, per fortuna non molti casi, facendo la libera professione guadagna svariate centinaia di migliaia di euro con tariffe esose, a spese dei cittadini, è facile immaginare il rancore e la rabbia che covano tra le nuove leve dei medici su cui, invece, il servizio sanitario pubblico dovrebbe investire per assicurarsi un futuro di sviluppo e di serenità.
Io penso che sia necessario affrontare questi problemi e stabilire con i sindacati medici una discussione di verità per trovare insieme le soluzioni più eque e efficaci a tutela della sanità pubblica.
Quando ho sollevato il problema di superare le modalità con cui si esercita oggi la libera professione e abolire l’extramoenia intendevo riferirmi alla necessità di aprire questo dibattito; anche allo scopo di ristabilire una “connessione sentimentale”, tra la sanità pubblica e i cittadini, la cui esperienza è sempre più quella di una sanità a due corsie, quella a pagamento che è veloce e quella istituzionale che è lenta e incerta.
Un esponente politico della destra ha risposto che la qualità in sanità deve essere pagata.
Tutto il contrario dei principi che portarono quaranta anni fa alla istituzione del servizio sanitario nazionale con i suoi valori fondanti di civiltà per una sanità pubblica, di qualità e per tutti.
Altri ancora, che a parole sinceramente dicono di essere per la sanità pubblica, hanno pensato di schierarsi subito in difesa dei legittimi interessi esistenti.
Come lo stolto che guarda il dito anziché la luna.
Invece proprio questo è il problema: che tipo di sanità vogliamo per il futuro?
È ora di fare seriamente questa discussione e non accontentarsi di niente di meno».
Lo scrive su Facebook Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana.