Musei: Gotor, la colpa non è del Tar ma di misure superficiali. La brutta figura davanti al mondo la fa Franceschini

Cultura

“Il ministro della Cultura Dario Franceschini ha dichiarato di essere rimasto senza parole davanti alla sentenza del Tar che ha bocciato cinque delle venti nomine da lui effettuate nell’estate del 2015 al ruolo di direttore di museo. In realtà a far fare all’Italia una brutta figura davanti al mondo non è il Tar, ma il ministero da lui diretto che evidentemente non è riuscito a nominare dei direttori di museo nel rispetto delle stesse leggi che dovrebbe far osservare, ossia garantendo procedure trasparenti e regolari ed evitando di adottare norme fuori da ogni pubblica evidenza e, appunto, standard internazionale: colloqui a porte chiuse, assenza di punteggio, discrezionalità dei criteri. Due anni fa, ad esempio, destò clamore nel mondo dei Beni culturali che, per la zona archeologica di Ercolano, il nuovo direttore si fosse impegnato a procedere alla digitalizzazione del sito, noncurante del fatto che essa fosse già stata effettuata cinque anni prima dal suo valente predecessore”. Lo dichiara in una nota Miguel Gotor, senatore di Articolo1 – Movimento Democratico e progressista.

“In secondo luogo, dal momento che la bocciatura ha riguardato tre nomine italiane e due straniere è del tutto chiaro che il problema non riguarda soltanto queste ultime come si sta cercando di far credere in queste ore arrampicandosi sugli specchi – prosegue Gotor – Nel merito non è colpa del Tar se esiste una legge dello Stato in base alla quale i posti dei livelli dirigenziali delle amministrazioni pubbliche che attengono l’interesse della tutela nazionale (in questo caso quella dei Beni culturali, ma il discorso riguarda anche la giustizia con la magistratura o la pubblica sicurezza) devono essere destinati per legge a cittadini italiani. E se la legge in questione non si condivide, si può sempre cambiare, ma non si possono attaccare i tribunali che sono costretti a farla rispettare secondo un consolidato stile berlusconiano che non dovrebbe avere cittadinanza nel campo del centrosinistra. La verità è che la selezione del 2015 si svolse in modo opaco e superficiale in quanto procedette con evidenti forzature legislative e sotto il dominio di un provincialismo ammantato di esterofilia che aveva l’obiettivo politico di umiliare professionalità già presenti nelle sovraintendenze italiane, quelle sì apprezzate in tutto il mondo”, conclude il senatore.