Diritto d’autore: Panzeri, Paolucci e Zanonato, perché abbiamo votato contro il mandato

Cultura

In questi giorni, oltre che per la questione dei migranti, il Parlamento Europeo si sta animando per un altro spinoso argomento: la direttiva sul diritto d’autore, proposta nel 2016 dalla Commissione Europea.

Questa direttiva, nata con l’ambizione di creare un mercato unico digitale in Europa, rischia in realtà di mostrare un’Europa ancora più divisa per via delle fratture manifestate anche all’interno delle forze politiche. Ad agitare le acque in questi giorni ha contribuito l’incessante protesta dei colossi dell’informazione e delle piattaforme digitali che sono arrivate perfino a scioperare, come il caso di Wikipedia Italia nonostante, in quanto “enciclopedia online senza scopi commerciali”, non sia coinvolta dalla direttiva.

Due sono gli articoli del testo che hanno maggiormente scatenato la polemica: l’articolo 11 (link tax) e l’articolo 13 (upload filter).

L’art.11 è diventato noto come link tax nonostante non si parli di tassare i collegamenti ipertestuali, ma di vincolare la pubblicazione dei cosiddetti snippet (i ritagli di articolo che riportano il titolo e le prime righe di un articolo rimandando poi al link) a una licenza per gratificare economicamente il lavoro svolto da altri.

L’articolo 13 istituisce invece il cosiddetto upload filter, un filtro che impedisce agli utenti di caricare su piattaforme online materiale protetto da diritto intellettuale.

Le imprese (dagli editori ai produttori musicali) sono a favore della direttiva perché sono coloro che maggiormente hanno sofferto la cannibalizzazione dei propri contenuti online. Il contrasto agli snippet  eviterebbe la dispersione di traffico e introiti pubblicitari verso siti che non pagano gli autori originari dei contenuti. Un filtro più efficace agli upload proteggerebbe quindi gli artisti dalla diffusione gratuita delle proprie opere. In Italia, per esempio, hanno dato parere favorevole l’Associazione italiana editori e la Federazione italiana industria musicale.

Tra i contrari ci sono, per paradosso, due categorie agli antipodi: i colossi tech (Google su tutti) e attivisti per la libertà di internet. L’avversario è comune, ma oltre a ciò nulla unisce queste due categorie. I colossi del web, infatti, non vogliono sobbarcarsi il controllo dei dati diffusi sulle proprie piattaforme, ma desiderano conservare i pesanti flussi di investimenti pubblicitari. I secondi vogliono evitare che la circolazione di contenuti sia schiacciata sotto il peso di grandi editori (e delle stesse aziende tech), a discapito della libertà di espressione.

Inoltre va rilevato che questo argomento non rientra nel classico confronto tra le vecchie categorie politiche, la materia va ben oltre i confini di destra e sinistra.

Per questo, noi europarlamentari S&D esponenti di Liberi e Uguali abbiamo votato contro il conferimento immediato del mandato negoziale. L’obiettivo è tutelare la libertà di espressione e di informazione, proteggendo allo stesso tempo il lavoro dei produttori di contenuti. Un tema delicato che tocca diritti importanti, quindi riteniamo importante che il testo venga discusso in modo approfondito in Plenaria. Il Parlamento può e deve migliorare la norma.

Dopo la votazione di questa mattina (278 a favore; 318 contrari; 31 astenuti), il tema tornerà in aula a Settembre.

Restiamo disponibili a fornire altre informazioni sul tema o a ricevere suggerimenti in merito.