Articolo Uno Rai: la realtà smentisce i buoni propositi di Fuortes

Politica

È durata meno del previsto il proponimento del nuovo amministratore delegato della Rai Carlo Fuortes: “La politica non bussa alla mia porta” aveva detto in un’intervista a Repubblica. 

Come evitare di ribattere malignamente con il sottinteso: “sono io che vado a bussare alla porta della politica”? Sempre che siano vere le notizie degli incontri con i leader dei maggior partiti.  

Non c’è nulla di male se il capo della Rai incontra esponenti politici, per di più membri del governo. Quel che stupisce è la premessa che precede quegli incontri. 

Allora perché non farlo alla luce del sole, per esempio rendendoli istituzionali quegli incontri? E facendo il giro di tutte, ma proprio tutte le segreterie? 

Presentarsi come quello che viene da fuori e dice “adesso ci penso io a liberare la Rai dai partiti”, è un azzardo. Non c’è mai riuscito nessuno (ammesso che qualcuno ci abbia mai provato), dal momento che è la politica a decidere chi sale sulla tolda di Viale Mazzini. Ed è stato così anche per lui. 

Questo dopo una prima tornata di nomine, e alla vigilia del secondo giro che coinvolgerà le testate, e che si preannuncia, stando alle indiscrezioni, ancora improntato alla spartizione. Ma tutto senza nessun colpo d’ala che possa creare l’illusione di un cambio di paradigma. 

Il fatto è che i nomi che circolano, al netto del sacrosanto vincolo delle quote rosa, non sembrano proprio un esercizio di discontinuità, anzi sembrano rigorosamente ispirate alla peggiore continuità. 

Eppure di donne e uomini che sarebbero in grado di farla intravvedere quella discontinuità, ce ne sono eccome, basterebbe solo avere la pazienza di cercarli, anche con in mano il manuale Cencelli. Senza limitarsi al vecchio “gioco del quindici” delle poltrone. 

Così tanto per creare l’illusione di un cambiamento anche minimo.