La RAI approfitta della pandemia per snaturare l’utilizzo dello smartworking, al di fuori di ogni confronto su questo importante strumento di conciliazione dei tempi della vita con quelli del lavoro e di tutela della salute dei lavoratori in questo tempo di emergenza.
Lo fa per “addormentare” le risorse interne ed aumentare la discrezionalità della dirigenza RAI: più “babele” che una struttura organizzativa fondata su regole comuni di trasparenza e meritocrazia. Si prende a pretesto lo smartworking per consolidare gli allarmanti fenomeni di “clientelismo” interno ed esterno.
Tra le tante notizie diffuse dai media, puntualmente commentate da Articolo Uno RAI, emerge il profilo di una RAI Servizio Pubblico fuori controllo e senza visione sul piano finanziario, editoriale e industriale. Un fenomeno fatale che immancabilmente produrrà a breve, arretramenti sul piano dei diritti e delle retribuzioni dei lavoratori RAI e il disfacimento del Servizio pubblico.
Da tempo in azienda si parla di interventi per un possibile ricorso alla cassa integrazione, per un drastico ridimensionamento del sistema di welfare aziendale, e di una revisione di istituti contrattuali per ridurre il compenso delle prestazioni lavorative. Tra le tante decisioni assunte in questi mesi dal vertice aziendale va segnalata l’intenzione dell’AD Salini di issare l’ennesima bandiera sovranista sulla nuova e strategica direzione “nuovi format” proponendo di affidarla ad un capostruttura, segnalato dal centrodestra, che predilige modelli produttivi che non valorizzano le risorse interne. Non certo a vantaggio della qualità del prodotto e degli ascolti ma per l’utilizzo di esterni “tutto fare” dall’orientamento culturale ben preciso.
Una deriva nella gestione delle risorse pubbliche che assume dimensioni sempre più inaccettabili e deve essere fermata insieme alla catena di complicità che si porta dietro.
ARTICOLO UNO RAI