Questa pandemia lascerà molte ferite: c’è chi ha subito la perdita di parenti o amici e ci sono tantissime persone che avranno difficoltà a “rialzarsi” economicamente e psicologicamente.
C’è una categoria che soffrirà un doppio disagio. I bambini e gli adolescenti fino a 17 anni pagheranno un doppio scotto. Per loro alla povertà economica si affiancherà la povertà educativa.
Negli ultimi anni il numero dei bambini e adolescenti in condizioni di povertà educativa assoluta è salito esponenzialmente: erano 375mila all’inizio del 2008, anno in cui inizia la grande crisi economica generata dalla bolla immobiliare americana; nel 2018 erano già un milione e 262 mila, circa il 12% dei minori italiani; alla fine di questa emergenza da coronavirus potrebbero superare i due milioni.
Un bambino in povertà educativa è privato di strumenti basilari per accedere ad alcuni percorsi formativi (scuole, università, master, corsi di formazione professionale) utili a migliorare ed affrancarsi da una condizione di partenza di svantaggio rispetto ai suoi coetanei. Restare inermi significa condannare questi bambini a un futuro “limitato”, negargli la possibilità di realizzarsi pienamente sia dal punto di vista umano che professionale.
Il problema si intreccia con quello della didattica a distanza “imposta” dal momento particolare che stiamo vivendo. E’ evidente che abbiamo “due Italie”: quella dei bambini iperconnessi che padroneggiano addirittura meglio dei genitori tecnologie e applicazioni digitali e strumenti on line e quella dei bambini i cui genitori non sanno nemmeno cos’è una fibra ottica, non hanno un collegamento on line né tantomeno un pc o un tablet. Secondo una recente indagine in Italia delle 61mila famiglie con figli tra i 14 e i 19 anni il 27% non ha accesso a internet perché troppo costoso o per mancanza di strumenti con cui connettersi. Nelle scuole medie si stima che circa il 15-20% di una classe rischia di essere escluso dalla didattica a distanza. Insomma, la situazione di povertà educativa direttamente collegata alla povertà economica, già grave nel nostro paese, rischia di diventare drammatica per effetto della pandemia e delle problematiche connesse.
Save the Children, impegnata da sempre insieme ad altri soggetti (Caritas, Associazioni di volontariato, eccetera) nel contrasto alla povertà educativa sta distribuendo tablet e connessioni gratuite a tutti i bambini in condizione di bisogno che frequentano (gratuitamente) i Punti Luce presenti in molte regioni italiane. Ricordo con orgoglio l’impegno profuso da amministratore perché anche nella mia città ci fosse la presenza di un Punto Luce; è stata questa una delle cose che ha dato un senso alla mia esperienza amministrativa. Oggi più che mai, penso che si debba fare di tutto per aiutare soggetti come Save the Children impegnati nella lotta alla povertà educativa. Spero che, nella fase 2 e 3 di uscita da questa crisi, il governo, che ha già meritoriamente stanziato fondi per il digital divide nelle scuole, metta in campo ulteriori proposte e risorse per fronteggiare questa emergenza.
È doveroso sostenere l’azione dei soggetti impegnati in questa missione di affrancamento e lotta alle disuguaglianze. Salvare un bambino dalla povertà e dalla “diseguaglianza educativa” significa dargli un orizzonte di possibilità, offrirgli la speranza di poter costruire un futuro migliore per se stesso e per le società in cui dovrà operare, dotarlo di uno strumento per diventare un uomo migliore e libero.