La nostra casa non può che essere quella del socialismo europeo da posizionare saldamente nella corrente socialista che sta investendo gran parte del mondo occidentale e la scelta della nostra collocazione nella competizione elettorale del 26 maggio non può prescindere da questo e dal nostro metterci a disposizione del necessario rinnovamento del campo socialista e progressista nel nostro continente.
Il risultato del 4 marzo 2018 ha evidenziato quello che sin dalla nostra nascita abbiamo detto, ovvero che nel nostro Paese il centrosinistra così come inteso sino ad allora non esiste più e non esiste più per tanti fattori che vanno dalla crisi economica e dalla mancanza di elaborazione di risposte valide proprio da parte della sinistra, dall’incapacità di una parte della sinistra di essere radicalmente riformatrice e di un’altra parte di uscire dall’autoghettizzazione della mera testimonianza.
Esistesse oggi in Europa una forte sinistra in grado di calamitare e guidare uno schieramento ampio di contrasto ai nazionalismi saremmo in una situazione completamente diversa e il nostro continente sarebbe in grado di affrontare le sfide alle quali è chiamato dalle grandi potenze mondiali, sarebbe esso stesso una potenza mondiale e non una realtà sull’orlo dello sgretolamento.
Oggi essere socialisti deve voler dire anche saper interpretare la realtà e anche prendere atto che se l’unico vero leader continentale negli ultimi lustri è stata Angela Merkel significa che oltre alle sue capacità c’è stata e c’è la non capacità del socialismo europeo di far maturare ed emergere una leadership in grado di dare indicazioni e di guidare un processo di rafforzamento su basi riformatrici dell’unità dell’Europa; eppure nel mezzo di una tempesta pericolosa vi sono segnali forti, segnali assolutamente significativi che non solo vanno colti, ma che vanno coltivati e rafforzati perché rappresentano l’ossatura della possibilità di costruzione di uno scenario diverso che sappia cogliere l’esperienza portoghese e la radicalità di Corbyn, l’ampiezza e la profondità del nascente movimento green e per contro la necessità di lavorare per spostare a sinistra, anche a costo di alleanze che potrebbero sembrare innaturali, settori liberali e comunque antinazionalisti e sinceramente europeisti.
La posta in gioco è l’Europa, il suo continuare ad esistere, il suo rinnovamento e il suo rafforzamento con la consapevolezza che dietro l’angolo ci possono essere scenari tragici.
La sfida, come sempre, a sinistra è quella di sporcarsi le mani, di tirarsi su le maniche e lavorare sodo rifuggendo le facili scorciatoie e gli esili dorati in cui purtroppo ancora si confina una sua parte, la scelta è tra l’essere coraggiosi nel gestire i momenti tragicamente difficili e il rinchiudersi nella facile accademia, tra il sudore di Tsipras e la stilografica dal pennino d’oro di Varoufakis.
Non cogliere che oggi siamo davvero davanti a un bivio sarebbe sintomo di una ingiustificabile cecità, imperdonabile.