In Bielorussia siamo in una situazione in cui l’impunità del regime la fa da padrona.
Elezioni truccate e pilotate hanno riportato al potere, ancora una volta, Lukashenko, che ha sfruttato un periodo internazionale complesso, come quello che stiamo vivendo, per agire nel proprio paese con un’opinione pubblica internazionale disorientata.
Il dirottamento dell’areo Ryanair per l’arresto di Roman Protasevich hanno fatto però traboccare il vaso, se mai ci fosse stato ancora spazio in quel vaso.
E’ stato un fatto grave essenzialmente per due motivi.
Ha dimostrato quanto il regime è disposto a fare per mantenere il potere e per opprimere le forze dissidenti.
Inoltre, come secondo motivo, apre persino una nuova era nel rapporto tra l’attacco ai diritti umani e alle persone che difendono questi diritti o che hanno idee diverse, tra gli aspetti geopolitici e l’utilizzo di armamenti.
E’ quindi questo un fatto inedito e grave.
Le istituzioni e l’opinione pubblica non possono quindi far passare sotto silenzio tutto questo e bisogna reagire con molta forza.
L’Unione Europea non può limitarsi al blocco dei 3 miliardi di finanziamento o a semplici sanzioni.
E’ venuto il momento di costruire un vero cordone sanitario con l’obiettivo di rovesciare il regime e aprire un percorso che porti a libere elezioni, che avvii una fase nuova in Bielorussia, che veda compatte le forze del campo democratico e progressista.
C’è un compito per le Istituzioni quindi e c’è un compito per la Politica.
La questione bielorussa si inserisce in un quadro più ampio di difficoltà dei diritti umani e dei difensori dei diritti umani.
Perfino la pandemia è stata utilizzata in alcune aree del mondo per azioni speciali e forti che hanno avuto risvolti non solo nel campo sanitario ma anche nella limitazione dei diritti e delle libertà personali e individuali.
La battaglia per i diritti umani deve quindi rappresentare oggi un nuovo capitolo per i movimenti e le forze politiche di sinistra e di ispirazione progressista.
Da qui dobbiamo ripartire.