Bagnoli che verrà: svegliarsi al mattino dopo aver sognato, e magari non ricordare, o contenti per essersi sottratti ad un inutile incubo. Il “sogno negato” di Marco Demarco, sul Corriere del Mezzogiorno qualche giorno fa, mi ha di colpo scaraventato nei ricordi del passato. Giovane ingegnere di Mergellina-Piazza Torretta, impegnato nel sociale in parrocchia di Santa Maria di Piedigrotta, mi affacciai all’impegno politico. Impegno politico allora significava passione, entusiasmo e gratuità per provare a cambiare una città che non ci piaceva, perché stretta nelle grinfie della tristemente famosa “banda dei quattro”.
Napoli è stata sempre bella, ma contraddittoria e difficile, come già diceva Vincenzo Cuoco nelle sue riflessioni storico-filosofiche. Frequentavo Alternativa Napoli, associazione di impegno culturale e civico. Uno dei tanti della cosiddetta società civile prestato poi alla politica. Ed eccomi, con timidezza del neofita, eletto consigliere provinciale nel collegio XV: Chiaia – San Ferdinando – Bagnoli.
L’indipendente di sinistra in quota Ds pronto a calarsi nel 1995 in uno dei luoghi più difficili della città: Bagnoli. La cattedrale del mondo operaio smantellata e in cerca di nuova identità, sociale come economica.
In campagna elettorale fui letteralmente “iniziato” al confronto con la folla da Antonio Bassolino. A piazza Salvemini mi trovai da lui incoraggiato e protetto nel comizio finale dal palco. Il giovanotto di Chiaia veniva così accettato dal mondo operaio, generoso ma spaesato perché non si recava più al cancello per i turni con il cartellino del clock-in e clock-out. C’era l’attesa per la riconversione che non era solo industriale, ma sociale e culturale. La fabbrica, le fabbriche erano la seconda pelle dei lavoratori e delle loro famiglie. Una sera nella sezione locale dei Ds c’era una riunione con tutti i cittadini organizzata dai compagni e dai sindacalisti storici: Aldo, Vittorio…, nonché da Antonio, il segretario della sezione. Toccava a me; ero poi anche il giovane ingegnere, prima guardato con diffidenza ma poi accettato. La gente se ne accorge se vieni da esperienze familiari e di ceto sociale simili, ovvero dove per vivere devi lavorare.
Era fine 1995. Dissi che, in base alle esperienze di bonifiche, riconversioni e ricostruzioni simili ci sarebbero voluti non meno di 30 anni. Lo sapevo e vi assicuro non fui applaudito! Anzi mi si disse che ero pessimista e che portavo avanti una previsione fredda e aziendalista. In effetti lavoravo in quella che si chiamava allora Aeritalia, a Pomigliano d’Arco. Ma non sapevo parlare a effetto e fare propaganda. E mi resi conto quanto era difficile raccontare la verità dei fatti. La “Steel City”, la città di Pittsburgh in Pennsylvania, oggi è uno dei luoghi più vivibili e non solo degli Stati Uniti. Anche i bacini minerari della Ruhr non c’hanno messo certo meno a cambiar pelle. E se non hai capacità progettuale e organizzative adeguate all’opera complessa, prima o poi ti appare un fantasma o se preferite un folletto che dice: “stiamo lavorando per voi e finiamo nel 2024”. Allora conti e fai 30!
Anch’io, come Marco Demarco, mi son fatto dei calcoli. Purtroppo vado oltre i 68… arrivo ai 70 anni… e meno male che il Signore mi consente di portarli bene. Ma sempre 70 saranno. E se poi ci mettiamo un paio di decenni per la ristrutturazione… allora sì caro Marco, senza trascurare la divina provvidenza, dovrò farmelo raccontare nei sogni. A quella promenade nel Parco attrezzato che scivola verso il mare dovrò rinunciare. Magari però se mi sforzo a fare il bravo, recupero. E la passeggiata la farò lassù toccando poi il mare finalmente azzurro.
Comunque se mi capita, offrirò alla ministra Barbara Lezzi un buon caffè per la sensibilità adottata nel proferir sentenza!