Analisi dell’intervista su Repubblica: gli errori che Renzi continua a non voler vedere

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Ho provato ad approcciarmi all’intervista di Matteo Renzi su Repubblica con il massimo dello spirito costruttivo. Non ho mai avuto pregiudizi, anche se negli anni ho maturato un dissenso radicale e profondo nei confronti delle sue scelte politiche di Governo. E le ho combattute. Lo rifarei, perché Salvini e Di Maio sono arrivati anche per questo.

Mi pare che dopo mesi di silenzio renziano non sia cambiato nulla. Non abbiamo mai chiesto abiure, quelle si facevano nei regimi dittatoriali; la revisione critica invece appartiene alla naturale dinamica democratica. Niente da fare, siamo sempre lì: abbiamo fatto tutto bene, ma non ci hanno capito.

  • Si conferma una visione sbagliata della fase: quella di agevolare la saldatura dei due populismi, tanto prima o poi gli italiani apriranno gli occhi. Non è una faccenda di poltrone, ma aver consentito il matrimonio tra i Cinque Stelle e la Lega è stato un errore clamoroso. Un viatico oggettivo a Salvini per cui pagheremo un prezzo nei decenni.
  • Rivendicare i risultati dei governi precedenti da lui diretti, senza vedere fino in fondo dove hanno contribuito a rompere la base sociale del sinistra non solo è miope, è un modo nemmeno utile a salvare quello pure che di buono c’è stato. Nessuno potrà mai convincere un elettore di sinistra che le unioni civili possono rimpiazzare l’abolizione dell’articolo 18. I diritti civili e i diritti sociali devono sempre camminare insieme.
  • La Lega è forte, radicata nelle periferie, popolare. Va combattuta con fermezza con una narrazione alternativa. Non puoi sfidarli sulla Flat Tax, senza esprimere un giudizio negativo su un’operazione che rischia di devastare lo Stato sociale e ledere un fondamento costituzionale come la progressività fiscale. D’altra parte, da chi ha promosso in maniera compulsiva bonus lineari al netto di ciascuna fascia di reddito non c’è da aspettarsi granché.
  • Il Pd non ha perso per il fuoco amico, ma per le scelte politiche che ha fatto. Questa storia del cattivo carattere o delle scissioni personaliste è davvero un grande alibi. Può servire per un’intervista che riscalda il cuore di qualche fan talebano, ma nella società passa come l’acqua sul pavimento. E i rapporti di forza restano intatti.
  • La lista unitaria avrà successo se scatterà un messaggio di alternativa reale a questo governo e di discontinuità con gli ultimi dieci anni. Se sarà percepita come utile a una prospettiva di governo nuovo, che separi il blocco gialloverde e aiuti a far emergere un punto di vista nuovo anche nei Cinque Stelle. Se apparirà davvero un campo nuovo, che riacchiappa la questione sociale tra le mani e difende la democrazia italiana da pulsioni autoritarie e fascistoidi. La distanza di Articolo Uno dal Pd non è accorciata, ma queste sono elezioni europee. E in Europa si vota per progetti continentali. Noi siamo laddove si siedono Corbyn, Sanchez, Costa: un nuovo socialismo europeo, diverso da quello subalterno di Renzi, Hollande, Shultz. Il giorno dopo il 26 maggio non conterà quante preferenze avranno preso i candidati renziani, ma se i socialisti europei avranno un seggio in più della destra. Lavoriamo per questo, non per consumare vendette postume.
Arturo Scotto

Nato a Torre del Greco il 15 maggio 1978, militante e dirigente della Sinistra giovanile e dei Ds dal 1992, non aderisce al Pd e partecipa alla costruzione di Sinistra democratica; eletto la prima volta alla Camera a 27 anni nel 2006 con l'Ulivo, ex capogruppo di Sel alla Camera, cofondatore di Articolo Uno di cui è coordinatore politico nazionale. Laureato in Scienze politiche, ha tre figli.